Inter-Juventus: una partita, una rivalità, infiniti significati. Un dualismo che ha segnato un’epoca.

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È la partita. Una rivalità unica nel suo genere. Coinvolge e attraversa tutta la Penisola. Inter-Juventus è la storia del calcio italiano. Il derby d’Italia, così denominato dal re dei neologismi Gianni Brera, divide puntualmente tifoserie e critica. Più di una partita: un dualismo sociale, culturale, imprenditoriale. Una rivalità improntata nella società del nostro paese. La sfida della 34° turno del campionato che vedrà opposte le due squadre sarà ancora una volta decisiva per i propositi di grandezza di entrambe: la Juventus, con il settimo scudetto consecutivo è pronta a scrivere il suo nome nella leggenda; l’Inter dal canto suo cerca, con la qualificazione alla prossima edizione della Champions League, una ventata di ritrovato prestigio e un’autonomia economica soffocata dai tentacoli del Financial Fair Play.

Storie che si intrecciano. Che emozionano. Che segnano. È Inter-Juve, nient’altro.

1961: uno, nessuno, diecimila. Nasce il derby d’Italia

16 aprile 1961. Il campionato, alla vigilia della giornata numero 28, è pronto a emettere le sue definitive sentenze. Lo scudetto è una questione a tre. Classifica: Juventus 40, Milan 37, Inter 36. Al Comunale di Torino arrivano i nerazzurri di Helenio Herrera, sanguigno allenatore iberico, al debutto in Italia. L’Inter si presenta in casa della capolista con una preoccupante fragilità caratteriale, la stessa che ha messo in ginocchio l’11 meneghino capace di dilapidare un vantaggio di 3 punti sulla compagine bianconera. La Juventus d’altra parte può chiudere ogni discorso sullo scudetto. Il pubblico è quello delle grandi occasioni: una bolgia senza precedenti rende infernale l’atmosfera allo stadio. Talmente infernale che molti spettatori sono costretti a seguire il match addirittura da bordo campo. Altri, dimenticando le ovvie differenze tra calcio e pallacanestro, trovano comoda sistemazione nei pressi della panchina interista come fosse un parterre. Se ne contano più di 10.000. Tanti, troppi.

La partita, bloccata considerando la posta in palio, giunge alla mezz’ora di gioco della prima frazione. Eppure il regolamento di allora è abbastanza lapidario e non ammette repliche. Il direttore di gara – il genovese Gambarotta – come da prassi, sospende la partita: la Federazione non consente la disputa di un incontro se non sono presenti tutte le condizioni volte a garantire l’incolumità del pubblico presente. La casistica inoltre, coadiuvata da precedenti simili, impone l’attribuzione della vittoria a tavolino a favore della squadra ospitata. È il 31’. È la svolta. Da quel momento Inter-Juventus andrà decisamente oltre la rivalità di campo. Dieci giorni dopo la Lega assegna il 2-0 ai nerazzurri, che tornano prepotentemente in corsa per lo scudetto. Ma un nuovo colpo di scena è pronto a disegnare un nuovo scenario tricolore. Il 3 giugno, alla vigilia dell’ultimo turno della Serie A la Caf accoglie il reclamo bianconero: Juve-Inter si rigioca, il 10 giugno.

La Juventus, di fatto, festeggia il 12° tricolore. L’Inter grida allo scandalo e al conflitto d’interessi. Umberto Agnelli, presidente della Juventus, è anche ai vertici della FIGC. Per l’Inter arriva la doppia doccia fredda, in ufficio e sul campo. Il giorno dopo a Catania, i nerazzurri vengono sconfitti per 2 reti a 0, coniando loro malgrado un’espressione diventata un must del linguaggio calcistico in Italia: “Clamoroso al Cibali”. L’inconfondibile voce narrante rauca di Sandro Ciotti scrisse storia e innovative modalità di racconto radiofonico di un match calcistico in quella che fu la stagione di debutto della celebre trasmissione targata Rai “Tutto il calcio minuto per minuto”. Il recupero del 10 giugno vede l’Inter scendere in campo con i ragazzi della squadra primavera, in segno di protesta. Finisce 9-1 per la Juventus un match surreale. Il match segna l’addio di Giampiero Boniperti al calcio giocato e il debutto tra i grandi di Sandro Mazzola. Da quel momento in poi Inter-Juventus sarà molto più di una semplice partita di calcio.

Derby di’Italia, Brera docet

Quando si parla di “derby”, quanto meno in ambito calcistico, ci si riferisce al confronto diretto tra due compagini appartenenti alla stessa area urbana o regionale. Inter e Juventus, paradossalmente, non posseggono alcuna di quelle caratteristiche. Eppure Gianni Brera, storico giornalista sportivo, nel 1967 tra le colonne de “Il Giorno” prima e del “Guerin Sportivo” poi, presentava la rivalità tra nerazzurri e bianconeri battezzando il confronto diretto come se si trattasse di una sfida stracittadina. Le teorie sull’etimologia della sfida sono molteplici e di varia interpretazione: Inter-Juve è sfida tra le tifoserie “leader” dell’Italia calciofila; è sfida tra le due uniche compagini non retrocesse (primato ora appartenente unicamente all’Inter, dal 2006); è sfida tra le squadre più titolate d’Italia (33 scudetti bianconeri contro i 18 nerazzurri, compreso lo scudetto 2006 revocato dalla Federcalcio alla Juventus e riassegnato dalla stessa all’Inter). Altre analisi optano per il dualismo politico-economico e industriale che divide le due città, Milano e Torino, cuori pulsanti del capitalismo italiano da estendere alle due famiglie simbolo: i Moratti e gli Agnelli. Neologismo ricco di significati. Neologismo ricco di storia.

Gli Agnelli e i Moratti: due famiglie, una rivalità

Inter-Juve è sfida all’ultimo sangue, blu s’intende. Due squadre, due proprietà, due alberi genealogici. La famiglia Moratti e la famiglia Agnelli. Come Montecchi e Capuleti in quel di Verona. Rivali, tra scaramucce e propositi di supremazia, gli uni sugli altri. Scomodiamo la letteratura inglese, William Shakespeare e la tragedia. Inter-Juventus si gioca ovunque, non solo nel palcoscenico meramente calcistico. Milano da una parte, Torino dall’altra: i due poli commerciali e industriali cardini del Bel Paese.

Le famiglie più importanti d’Italia hanno segnato epoche e generazioni, tra interessi e affari di molteplice natura. Motori principali di un boom economico che ha consentito all’economia nazionale di risalire la china, la famiglia Moratti ha rappresentato la Milano nerazzurra per ben 31 primavere (13 anni la presidenza di Angelo Moratti, 18 quella del figlio Massimo) mentre il binomio Agnelli-Juventus costituisce a oggi il più longevo legame tra imprenditoria e calcio del Novecento. Fiat e Saras. Automobilismo e petrolio.

Interessi imprenditoriali di rilievo per le due famiglie rivali e per le sorti dell’economia italiana tanto da confluire in un comune interesse.  L’acquisizione di azioni del quotidiano Corriere della Sera nel 1973, in un periodo storico a cavallo tra i Movimenti Sessantottini e gli Anni di piombo. Angelo Moratti cedette le quote di maggioranza del club nerazzurro all’imprenditore tessile Ivanoe Fraizzoli nel 1968, pur rimanendo consulente del club meneghino e direttamente coinvolto nelle vicende sportive della squadra. Gianni Agnelli, “l’avvocato”divenne invece socio del quotidiano milanese per ovvi interessi incrociati tra politico-imprenditoriali nella stagione in cui la Juventus sfiorò, per la prima volta nella sua storia, il Grande Slam (la Signora Omicidi vinse il suo 15° scudetto in volata su Milan e Lazio ma fu sconfitta in finale di Coppa Italia dai rossoneri del Paròn Nereo Rocco e soprattutto in finale di Coppa dei Campioni, a Belgrado, dall’Ajax del Calcio totale di Johan Cruijff).

Dal 18 febbraio 1995, quando l’Inter tornò nelle mani della famiglia Moratti – Massimo prelevò la società da Ernesto Pellegrini – la rivalità tra le due famiglie crebbe in maniera considerevole, tra rapporti ai minimi storici (lo scudetto del ’98 e il celebre contatto Iuliano-Ronaldo) ed elevati decibel polemici ed esasperati (2006 e Calciopoli). Etichette sociali e imprenditoriali, sportive e intrise di politica. Massimo Moratti e l’Inter si sono detti addio (almeno a livello manageriale) nel novembre 2013, la famiglia Agnelli è sempre ben solida al timone della Vecchia Signora. Eppure gli attriti sono sempre dietro l’angolo, pronti a rincarare la dose di un duello ormai datato.

Inter-Juventus oggi: snodo fondamentale tra presente e futuro

Scudetto e Champions League. Tanto pesa l’appuntamento di San Siro. L’attesa è febbrile. L’Inter per tornare nell’Europa che conta dalla porta principale, la Juventus per cancellare la sconfitta allo Stadium con il Napoli e per dare un chiaro segnale di forza e compattezza soprattutto a sé stessa.

Se per l’Inter la qualificazione in Champions League rappresenta l’obiettivo da non fallire per programmare un futuro simile al passato recente, la Juventus vuole cancellare le scorie della serata controversa di Madrid con il Real conquistando il 7° tricolore consecutivo e sulla 4° coppa Italia, centrando il 4° double in 4 anni.

Oltre agli incroci individuali: chi staccherà il pass per il Mondiale russo, Icardi o Dybala? La solidità di Spalletti o il cinismo di Allegri? Perisic o Douglas Costa, chi sarà il più decisivo? È Inter-Juventus, ragazzi. Non c’è alcuna certezza.

Tutte le foto sono state prese dagli account ufficiali delle due squadre. 

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Pubblicato da Alessandro Fracassi

Nato in quel di Sassari nel 1992, cresciuto nel segno della leadership, del temperamento e della passione per i tackle del Guv'nor Paul Ince. Aspirante giornalista sportivo, studio giornalismo all'Università "La Sapienza" di Roma. Calcio e Basket le linee guida dell'amore incondizionato verso lo sport, ossessionato dagli amarcord, dal vintage e dai Guerin Sportivo d'annata, vivo anche di musica rock e dei film di Cronenberg. Citazione preferita: "en mi barrio aprendí a no perder".