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Controtendenza: orientamento sociale che si contrappone a quello dominante. Se dovessimo riportare questa definizione nella NBA moderna, potremmo affiancarla a Kawhi Leonard. Fuori dal mondo dei social, pochi sorrisi nelle uscite ufficiali e rare dichiarazioni pubbliche. Allo stesso tempo tanto lavoro in palestra e concentrazione massima in tutti i dettagli in un match ufficiale. In piena controtendenza con i suoi “colleghi” professionisti nel massimo campionato americano. Eppure, dopo questa prima parte di stagione in Canada, uno dei migliori giocatori della lega. Il migliore, probabilmente, nello sposare la fase offensiva con quella difensiva.
La crescita sotto l’ala protettiva di Popovich
La sua carriera in NBA inizia nel 2011 quando al draft Popovich e il GM R.C. Buford intravedono in lui qualcosa di speciale che altri, apparentemente, non vedono. L’offerta avanzata dagli Spurs agli Indiana Pacers è troppo ghiotta per non essere accettata e la vittima sacrificale è George Hill, giocatore molto importante nel sistema San Antonio in quel momento. Leonard però è ancora da formare. Per sua fortuna, oltre al già citato Popovich, in Texas Kawhi cresce professionalmente e come uomo insieme a Duncan, Ginobili e Parker. In poco tempo Buford si rende conto di aver fatto la scelta giusta, quella che può garantire un futuro roseo alla franchigia dopo il ritiro dei big three.
Il miglioramento di Kawhi Leonard però non è sotto gli occhi di tutti. In una NBA che mette sempre di più sotto i riflettori chi realizza grandi statistiche o è alla ribalta per qualche dichiarazione, sono in pochi a rendersi conto dei miglioramenti dell’ala degli Spurs e della sua completezza in tutte le fasi del gioco.
Il momento della consacrazione
Il momento in cui si accesero i riflettori su Leonard fu durante gara 3 delle Finali NBA del 2014. All’American Airlines Arena va in scena l’atto terzo tra San Antonio e Miami Heat. La serie è sull’1 a 1 e dopo la prima vittoria texana, LeBron aveva portato l’inerzia della finale in Florida. Gli Spurs giocano un bel basket, ma se erano riusciti ad annichilire James nel 2007 non riescono a trovare soluzione difensive adatte per fermare il Re. Il 10 giugno succede qualcosa di imprevedibile. Una conversazione, ancora dall’entità sconosciuta (“Family business” dichiarò Popovich), portò Kawhi Leonard alla consacrazione definitiva. 29, 20 e 22 i punti segnati nelle partite che consegnarono il quinto titolo a Duncan e compagni. Miami non riuscì a trovare nessuna soluzione per arginare le sue performance. Leonard era ovunque: in difesa l’arma in più, in attacco l’anello mancante all’attacco degli Spurs.
Kawhi Leonard, il leader silenzioso alla guida dei Raptors
Se tutte le favole hanno un lieto fine, quella che legava San Antonio a Kawhi Leonard si interrompe nel 2018. L’infortunio rimediato in gara 1 contro i Golden State Warriors nei playoff 2017 ha di fatto incrinato completamente un rapporto. Cosa che con Popovich difficilmente avviene. Le 9 apparizioni con la maglia degli Spurs nella stagione passata e le incomprensioni con lo staff medico hanno portato alla trade del 18 luglio. A Toronto, il comportamento di Kawhi non è cambiato: poche dichiarazioni sul passato, sempre fuori dai social ma più sorrisi e sempre tanto lavoro. Il Leonard canadese ha fin da subito risposto alle aspettative con performance da leader e primo posto nella Eastern Conference con i Raptors.
Kawhi Leonard, un leader silenzioso che può eguagliare le performance dei più grandi con una mente concentrata sul lavoro e sul gioco, dagli aspetti generali ai più piccoli dettagli che fanno la differenza tra un giocatore e una superstar.