La grande differenza tra sogno, ossessione e indifferenza

Conte

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I primi giorni d’agosto sono da sempre terra di conquista di agenti di calciomercato e fantallenatori. In questo dissestante 2020 ci troviamo invece con un campionato appena terminato, un paio di coppe europee da giocarsi in gare secche e tanta voglia di pensare, riflettere e comparare, tra passato, presente e possibili cangianti futuri.

Un sogno non fa mai male

LInter di Antonio Conte termina la corsa nella Serie A 2019/2020 a 82 punti, tanti quanti ne conquistò, giusto 10 anni fa, l’edizione entrata nella leggenda della Beneamata guidata in panchina da José Mourinho. Il sapore della classifica e della sostanza dei trofei sollevati a fine stagione è completamente diverso, così come lo è la matrice stessa caratterizzante i personaggi principali delle storie raccontate. Sul tramonto dell’annata che dieci anni fa culminò col Triplete, il maestro “mentale” portoghese riuscì a racchiudere l’essenza stessa di ciò che stava per compiere nell’assunto enunciato nella conferenza stampa che introduceva alla Semifinale di ritorno in Champions League contro il Barcellona.

L’ossessione alimenta solo se stessa 

“Abbiamo il sogno di giocare la finale di Champions, mentre per il Barcellona è un’ossessione. Per loro andare a Madrid a giocare una finale è un’ossessione. E c’è differenza tra sogno ed ossessione, il sogno è più puro. Per loro è anti-madridismo, una cosa che non riesco davvero a capire”. Questo il passaggio chiave, che profeticamente racconta il dissesto che due lustri dopo avrebbe divorato Antonio Conte, seduto (non si sa fino a quando, ndr) sulla medesima panchina.
L’idea persecutoria di dover prescindere dalla vittoria come concetto e non come risultante di un percorso mediamente lungo. Questo postulato, mixato alla solita dose di gratuita antipatia da riversare regolarmente a 360°, ha fatto sì che il tecnico pugliese cambiasse totalmente la percezione ambientale verso un cammino che, seppur povero di “coppe”, ha sicuramente rappresentato un enorme passo avanti nella difficile scalata al trono juventino. Sì, la Juventus, resa padrona incontrastata all’alba di questo decennio di vittorie proprio da Conte, è il tarlo insolvibile che annienta la lucidità di Antonio: lui vuole batterla ossessivamente, non per coronare questo o quel sogno.

L’indifferenza a volte aiuta 

I bianconeri oggi allenati da Sarri si sono laureati per la 36ª volta (per gli inguaribili garantisti/revisionisti pare 38ª, ndr) Campioni d’Italia. Se era doveroso dare un vincitore a questa maratona durata quasi un anno, lo è altrettanto il raccontare la palese indifferenza nella quale il tutto si è svolto. Non ci riferiamo ai festeggiamenti, resi pallidi dall’assenza di tifo sugli spalti, bensì all’aura di abbandono e solitudine che sembra aleggiare da un mese almeno sopra la testa dell’ex mister del “Napoli dei miracoli”. Quest’odore tipico della “fine di un impero che non è mai cominciato davvero” potrebbe però, paradossalmente, addirittura aiutare l’economia emotiva futura della squadra degli Agnelli.
Cristiano Ronaldo & co. si presenteranno contro il Lione – e verosimilmente poi ai quarti di finale – come se avessero già perso il treno della rivoluzione, naufragata quest’anno sotto una tempesta di equivoci tattici ed evidenti errori nell’allestimento in sede di calciomercato. La Juventus potrà quindi, per la prima volta nella sua storia recente, scendere in campo in Europa senza nulla da perdere, con la consapevolezza che in ogni caso l’anno prossimo si dovrà proporre e produrre qualcosa di diverso.

Per chiudere l’ampia digressione, potremmo affermare che sognare fa bene e che – probabilmente – se si riesce a mostrare un po’ d’indifferenza verso le proprie ossessioni, a conti fatti, si vive più a lungo.

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