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Nel mondo della Formula Uno, se si pensa ad una scuderia italiana è impossibile non pensare alla Ferrari, la scuderia di Maranello ha fan sparsi in tutto il mondo. Altri team italiani sono nati nel corso degli anni nella campionato automobilistico più importante, dalla Ats, nata negli anni ’60 da un’idea di ex dipendenti della Ferrari con l’obiettivo di sovrastarla, senza successo, alla Minardi e Toro Rosso, che hanno lanciato molti piloti. Ma nella maggior parte dei casi le altre scuderie italiane hanno fallito, sia per risultati non all’altezza, sia per mancanza di fondi; in questa categoria rientra la Bellasi, scuderia attiva tra il 1970 e il 1971.
Una vecchia amicizia
Svizzera fine anni ’60, in una nazione dove sono proibite le corse su circuiti, c’è un pilota di 28 anni che vive un momento di stallo della carriera, e si chiama Silvio Moser. Eppure ha ottenuto buoni successi, uno dei più importanti quello nella Temporada argentina del 1964 in Formula Junior, secondo alcuni esperti, il fatto di non parlare assolutamente inglese unito al fatto di non voler correre in Inghilterra nessuna gara, gli ha precluso ogni possibilità di entrare a far parte di scuderie importanti. Lo svizzero inoltre non voleva assolutamente nessun sponsor elvetico e questo gli creava problemi anche economici. Dopo aver corso anche in Formula 2, Moser decise di creare la sua scuderia, nasce in questo modo la “Silvio Moser Racing Team SA”. La monoposto con cui correva era una Brabham con cui Silvio Moser realizza il sogno di correre in Formula Uno debuttando al Gran premio di Montecarlo del 1969. Lo svizzero quindi era determinato a continuare il suo sogno, ma un cambio di regolamento, la montatura dei sacchi di sicurezza all’interno del serbatoio, rischiò di interromperlo. La Brabham infatti non era a norma, lo svizzero era deluso, ma quando tutto sembrava finito, in suo soccorso arrivò Guglielmo Bellasi, legato da una vecchia amicizia con Silvio Moser.
Un’idea complicata
Bella si, svizzero come Moser, era noto nell’ambiente per costruire prototipi e telai di macchine di Formula 3 e autosport che costruiva nella sua officina di Novara. Spinto dall’entusiasmo del pilota, il costruttore decise di aiutarlo per continuare il suo percorso in Formula Uno. L’idea di Bellasi era quella di prendere alcuni pezzi della Brabham come motore e alettoni per unirli a nuovi pezzi come scocca e sospensioni, prendendo come modello di ispirazione quello della Lotus 56 con Moser che iniziò a disegnare un prototipo.
Ben presto al duo venne in aiuto Beat Schenker, già meccanico del team di Moser. Il trio si pose come obiettivo quello di riuscire a partecipare al gran premio di Montecarlo, in programma a maggio. I problemi economici ritardano anche l’assemblaggio della nuova monoposto che in questo modo non riesce a debuttare in terra monegasca, saltando anche il gran premio successivo, quello in Belgio. Si arriva così al 21 giugno, giorno del gran premio d’Olanda, Zandvoort. Il venerdì precedente nella notte finalmente la Bellasi viene completata e così partecipa alle prove ufficiali in Olanda. La macchina gira bene, ma non riesce a qualificarsi a causa delle regole sulla limitazione di vetture.
I problemi
Il trio della Bella si, seppur non partecipante alla gara, aveva buoni motivi per stare tranquillo, la tenuta della macchina era buona e questo avrebbe permesso con il tempo di migliorare le prestazioni in vista delle gare successive. Tornando dall’Olanda, il camion su cui viaggiava Moser ruppe il motore; un notevole problema visto che già le finanze erano poche. Per tutto il resto della stagione il team Bellasi si sarebbe mosso con un camion con rimorchio raddoppiando i costi. A complicare le cose l’uscita di pista di Silvio Moser durante le prove al gran premio di Francia, che danneggiò il muso. Non erano presenti pezzi di ricambio, ma in aiuto a Moser venne il progettista della Ferrari, Mauro Forghieri che riparò il danno. Nonostante tutto però, per soli 2,6 decimi, anche questa volta la Bellasi non si qualificò. Al gran premio di Hockenheim Moser andò a sbattere contro il guardrail rompendo il portamozzo posteriore sinistro, ed essendo impossibile riparlo, la squadra se ne va ancora prima della conclusione delle prove.
Nel gran premio d’Austria la sfortuna sembra finalmente abbandonare la Bellasi che finalmente riesce a debuttare in gara, ma durante il trasporto della vettura, il camion per evitare degli spettatori lungo la strada effettua una manovra, la vettura sfortunatamente viene colpita da una pietra che ne danneggia il radiatore. Anche questa volta manca il pezzo di ricambio. Chiunque a quel punto avrebbe deciso di ritirarsi anzitempo dalla gara, ma sia Schenker, sia Guglielmo Bellasi, decidono di non privare Silvio Moser del sogno. Per tamponare il danno, nel radiatore rotto, ruppero dodici uova e misero gli albumi al suo interno, consapevoli comunque che era impossibile concludere la corsa. La Bellasi a causa della temperatura elevata del motore si ritira a quattordici giri dal termine, con la corsa che venne vinta da Jacky Ickx della Ferrari.
Un triste destino
La prima stagione della Bellasi in Formula uno si conclude senza sussulti. Per i soliti problemi economici si decide di non partire per le ultime tre gare disputate in Canada, Usa e Messico. La scuderia si toglie l’unica soddisfazione vincendo in Svizzera, il Swiss Hill Climb CH, e per Silvio Moser fu un bel traguardo. Nonostante la vittoria, si fa fatica a trovare sponsor che aiuti la scuderia. A nulla vale il tentativo di Schenker, che espone la Bellasi in varie fiere in giro per il mondo nel tentativo di trovare nuovi fondi. La stagione 1971 vede così la Bellasi iscriversi solamente al Gran premio di Monza, dove Silvio Moser si ritira per problemi all’ammortizzatore: sarà questa l’ultima gara della storia della Bellasi in F1, che decide di non continuare. La vettura verrà acquistata dall’inglese Tom Wheatcroft per esporla nel suo personale museo di vetture storiche.
Se il destino non è stato clemente con la scuderia, peggior sorte avrà il suo pilota Silvio Moser. Lo svizzero infatti continuò a disputare gare, il 25 aprile del 1974 si correva la 1000 km a Monza, il pilota la disputò con la Lola T294. Mancava poco alla conclusione quando all’altezza della Curva Ascari, la macchina andò a colpire un’altra vettura ferma da pochi giri. L’impatto fu violento, lo svizzero subisce un trauma cranico e viene portato all’ospedale di Locarno dove muore il 26 maggio. In sua memoria la moglie ha riacquistato da Wheatcroft la vettura su cui correva il marito, per farla restare a Lugano, città dove ancora oggi Moser è ricordato con affetto.