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Il ciclismo ci ha abituati ad imprese epiche e vittorie a sorpresa. Una delle più incredibili fu il trionfo del ciclista veneto Zandegù, gregario di Felice Gimondi, quando beffò un campione come Eddy Merckx, il quale crollò davanti alla sua velocità. La vittoria di Zandegù fu dedicata ai tanti emigranti italiani residenti in Belgio, con tanto di canzone, dopo che erano rimasti ore sotto la pioggia in attesa della conclusione della corsa.
Numero 130
Il 1 aprile fu una vigilia della corsa come tante altre: le squadre stavano lavorando per prepararsi al meglio per il giorno seguente, anche la Salvarani stava cercando una strategia adeguata, c’era da arginare l’astro nascente Merckx che già aveva fatto intravedere le sue qualità che lo porteranno in seguito a fare la storia del ciclismo. La squadra doveva far in modo di portare alla vittoria Felice Gimondi, anche se nessuno si sentiva pronto per stare alla ruota del belga.
Luciano Pezzi, direttore sportivo della squadra, prese in disparte Zandegù; unico obiettivo del suo Giro delle Fiandre era non perdere nemmeno un instante il belga, per questo Pezzi prese un foglio e ci scrisse sopra un numero, il 130, quello di Merckx. Arrivò il giorno della gara e il veneto si mise immediatamente a cercarlo, mentre il belga era già in testa alla corsa insieme ad un gruppo che comprendeva anche Gimondi. Zandegù raggiunse il gruppo, Merckx tentò una serie di scatti, nel tentativo di seminare lui e gli altri inseguitori, ma i tentativi furono vani perché gli avversari rispondevano sempre alle sue accelerazioni e non mollavano, nemmeno il veneto che continuava a rimanere alla ruota del belga.
Una vittoria per gli emigranti
La corsa proseguiva e lentamente il gruppo si sfaldò; tutti tranne Merckx, il quale proseguiva solitario. Ad impensierirlo solo Zandegù e un altro belga, Noel Forè, vincitore nel 1963. Merckx tentò uno scatto ancora nel tentativo di seminarli definitivamente e andare da solo al traguardo: fu in quel momento che nella mente del ciclista veneto venne in mente un’idea che non era nei programmi, cercare di ottenere lui la vittoria e regalare una gioia al pubblico italiano presente.
Il veneto scattò cogliendo impreparato il campione belga, il quale iniziò ad andare in difficoltà e si staccò lentamente. Tra Zandegù e il traguardo rimaneva solo Forè; fu allora che tentò un ultimo scatto, quello decisivo. Era fatta, Dino Zandegù aveva vinto il Giro delle Fiandre 1967. Arrivato sul traguardo, l’espressione era quella di chi non si è reso conto di ciò che ha fatto, si abbracciò con Pezzi, felici per la vittoria. Ancora più bello ciò che fece Zandegù in omaggio ai tanti emigranti italiani accorsi per vedere la corsa nonostante la pioggia: avendo una passione per il canto (era solito cantare anche in corsa) dedicò loro “O sole mio”, per la gioia degli italiani, commossi per l’omaggio ricevuto.
Il ciclista canterino
Zandegù ha sempre avuto una passione per il canto. Dopo la vittoria al Fiandre 1967, Mario Fossati scrisse: “nessun tenore avrebbe cantato dopo aver inseguito Merckx per ore“. Ritiratosi, il veneto diventò direttore sportivo, ultimo incarico nel 1999 alla Liquigas, negli ultimi anni è stato ospite di varie trasmissioni dove non ha disdegnato di cantare, ricordando anche le sue vittorie.
L’immagine di copertina è presa dal sito gazzetta.it