Tra i due litiganti, il tifo gode: Beppe Signori e la rivolta laziale del 1995

approfondimento su Signori

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Sogni, speranze, incubi. Il calcio è uno sport dai mille risvolti. È un mondo a sé stante capace di regalare improvvisi colpi di scena, situazioni insperate e del tutto inattese, degne delle migliori pellicole cinematografiche. È indubbio anche l’assunto che il calcio possa fungere da catalizzatore delle coscienze popolari: la popolarità del pallone in Italia può addirittura arrivare a provocare rivolte, annebbiando le menti del singolo tifoso che, attraverso il calcio, dà sfogo ai più latenti istinti del suo essere. La storia ultracentenaria del calcio italiano è macchiata da episodi di omicidi, tafferugli mortali, intrighi filo-polizieschi e anche da sommosse popolari che hanno impedito a un club di vendere il suo uomo-immagine a una diretta concorrente per lo scudetto.

L’Occhio Sportivo riavvolge ancora il nastro dei ricordi fino all’estate del 1995 quando Giuseppe Signori, attaccante, capitano e simbolo della Lazio targata Sergio Cragnotti, è in procinto di lasciare Roma direzione Parma. Saranno però lo smisurato affetto dei tifosi biancocelesti e una protesta popolare passata alla storia a far saltare un accordo ormai formalizzato.

Gli antefatti

4 giugno 1995. La Lazio affronta all’Olimpico un Brescia ormai retrocesso da diverse domeniche e fanalino di coda. Il guizzo di un giovane Leonardo Colucci consente ai biancocelesti di acciuffare al 90′ il secondo posto in campionato, il miglior risultato conseguito dal club capitolino durante la gestione societaria di Sergio Cragnotti e piazzamento di prestigio dopo l’anno di grazia tricolore del 1974. Con la fine del campionato è tempo di programmare la nuova stagione alle porte, non prima di una tournée che vede protagonista la Lazio in Brasile tra il 7 e il 13 giugno del 1995.

Le sfide con Atletico Mineiro, Santos e Guarani passano decisamente in secondo piano quando il 10 giugno circola con insistenza la voce di un Beppe Signori lontano da Roma. Sono diverse ma unanimi le radio locali che lanciano l’allarme: il Parma di Calisto Tanzi, vista l’impossibilità di arrivare a Roberto Baggio (conteso da Inter e Milan) e Gabriel Batistuta (per il quale Cecchi Gori ha rifiutato un’offerta da capogiro, circa 35 miliardi di Lire), punta deciso su Signori per vincere il suo primo scudetto. Le paure della tifoseria biancoceleste si tramutano in conferme ufficiali l’11 giugno: è lo stesso patron parmigiano a confermare un’operazione in dirittura d’arrivo, dietro un corrispettivo di 25 miliardi che il Parma dovrà riconoscere a Cragnotti. La notizia rimbalza in ogni angolo della Capitale e domina le pagine dei principali quotidiani sportivi. Le radio locali romane (le cui trasmissioni sono condotte più da speaker nelle vesti di tifosi che da professionisti del settore) annunciano in diretta la cessione del numero 10 laziale al Parma: è il caos. Nelle prime ore del mattino un nutrito gruppo di tifosi biancocelesti si riversa in Via Novaro 32, sede amministrativa del club capitolino, e prosegue le proteste fino a Via Barberini, quartier generale della Cragnotti & Partners nonché la holding detentrice dell’intero pacchetto azionario del club.

Le proteste

11 giugno 1995, ore 14. Roma è in subbuglio. Il tifo organizzato della Lazio aumenta l’intensità delle proteste: un agente di polizia viene ferito e successivamente ricoverato. Vengono rovesciati dei cassonetti tra Via del Tritone e Via del Corso e distrutte confezioni di Latte Parmalat in rigorosa diretta televisiva. Gli Irriducibili della Curva Nord laziale lanciano un paio di fumogeni nei pressi di Palazzo Chigi: la carica delle forze dell’ordine contro la furia del tifo laziale evita il peggio ma l’intensità delle proteste cresce pericolosamente con il passare dei minuti. Sono infatti più di 4mila le persone che si riversano in Via Novaro: la sede del club, ubicata nei pressi degli studi televisivi della Rai in Via Teulada, è un concentrato di rabbia e di cori contro Cragnotti, reo di voler cedere il simbolo della Lazio per ripianare il debito societario di 25 miliardi, la stessa cifra che il Parma è pronto a sborsare per assicurarsi le prestazioni del giocatore biancoceleste.

Il centro della Capitale è travolto da un clima di piena guerriglia urbana: vetrine dei negozi sfondate, commercianti costretti a chiudere le proprie attività per evitare danni e conseguenze peggiori. E dall’altra parte del marciapiede, uno scenario poco invidiabile: blindati, elicotteri, manganelli ed elmetti pronti a ogni eventuale assalto del tifo laziale. Se da un lato la città vive con preoccupazione l’evolversi delle proteste, dall’altro i vertici del club capitolino convocano un summit negli uffici di Cragnotti all’Eur per valutare i pro e i contro di una questione delicata tanto sul piano sportivo quanto su quello economico e , non ultimo, di sicurezza.

I vertici societari si riuniscono all’Eur

Alla riunione convocata d’urgenza partecipano un Sergio Cragnotti scuro in volto, Dino Zoff presidente del club al quale spetta il difficile compito di gestire i rapporti con la stampa e i vertici del Banco di Roma. Nel corso della riunione, lo stesso Cragnotti ribadisce la sua intenzione di portare a termine l’operazione con il Parma ma Zoff offre il suo lucido punto di vista al patron della Cirio: il mercato non offre valide alternative a Signori.

Vendere il simbolo della Lazio senza un adeguato sostituto significherebbe snaturare la squadra e andare incontro a un danno d’immagine che, al contempo, porterebbe a un crollo della quota abbonati. Cragnotti, a un bivio tra l’aspetto economico e di risanamento del debito e i dubbi tecnici che iniziano a preoccupare anche lo stesso Zeman, conclude clamorosamente il summit con la decisione di confermare Signori tra le fila biancocelesti.

L’amarezza del giocatore

Dall’altra parte dell’Oceano, Signori dà sfogo a tutta la sua frustrazione con parole forti e decise: oltre a un “no” categorico a chi gli chiede un commento sull’addio a Roma per Parma, l’attaccante biancoceleste sottolinea la sua estraneità ai fatti e la delusione nell’aver ricevuto per ultimo la notizia della sua cessione. Beppegol non ha alcuna intenzione di lasciare la Capitale e si opporrà a ogni eventuale comunicazione di cessione che gli verrà inoltrata da Via Novaro. Con il passare delle ore l’umore di Signori è contrastante: se da un lato l’amarezza per una cessione non preventivata domina il giocatore che si appresta a tornare in Italia, dall’altro lato la famiglia del giocatore racconta per telefono allo stesso Giuseppe i cortei dei tifosi per le vie della Capitale. Gli arriva anche una telefonata: è Dino Zoff dall’altra parte della cornetta. L’ex portiere della nazionale sta per comunicare ufficialmente alla stampa l’interruzione di ogni trattativa di cessione al Parma.

Dalla vittoria dei tifosi alle minacce di Cragnotti

Alle 18.20 dell’11 giugno 1995, Zoff dichiara alla stampa la permanenza di Signori alla Lazio fino alla naturale scadenza del contratto (giugno 1998, ndr). La preoccupazione e la tensione delle ore precedenti lasciano spazio al tripudio che domina incontrastato in Via Novaro e nelle vicinzanze. La pressione del tifo si è conclusa con il raggiungimento dell’obiettivo sperato: impedire la cessione del giocatore simbolo della Lazio. Allo scampato pericolo di cessione di Beppegol, si aggiunge però un ennesimo colpo di scena: dagli ambienti della Cirio e della C&P filtra la volontà di Cragnotti di dimettersi da ogni incarico legato direttamente alla Lazio.

La doccia fredda arriva alle 20 quando è la stessa Cragnotti & Partners a diramare un comunicato ufficiale che sa tanto di resa definitiva: “A seguito dei gravi e intollerabili fatti – spiega il comunicato – avvenuti dopo la divulgazione da parte della SS. Lazio delle notizie in merito alle trattative per la cessione del giocatore Giuseppe Signori, la C&P darà mandato a un Istituto specializzato per la cessione del pacchetto azionario della Lazio, non ritenendo di poter subire limitazioni nella gestione della propria partecipata, sin qui condotta con ingenti investimenti. La Cragnotti & Partners sospende pertanto da questo momento qualunque coinvolgimento diretto nella gestione della società”.

Dal Brasile, è ancora Signori a gettare acqua sul fuoco: l’attaccante biancoceleste si augura che Cragnotti possa tornare sui suoi passi ma la decisione pare irrevocabile. Radio Radio lancia infatti il toto-acquirente: il nome che inizia a circolare con insistenza è quello di Benetton ma prende quota il nome del Dottor Antinori, famoso ginecologo romano che vuole rilevare il club come capo di una cordata di imprenditori industriali.

La quiete dopo la tempesta

L’ira di Cragnotti cala di intensità nel corso delle settimane successive. Con la conferma di Signori, la campagna abbonamenti dei biancocelesti tocca quota 40mila tessere nonostante una sessione di calciomercato non certamente indimenticabile: Guerino Gottardi e Roberto Cravero in difesa, ai quali si aggiunge l’innesto di Massimiliano Esposito dalla Reggiana per irrobustire il centrocampo, sono i giocatori che Zeman inserisce in una rosa completa e già in grado di competere ad armi pari con le favorite Juventus, Milan e Parma.

Dopo un’estate turbolenta e ricca di colpi di scena, Beppe Signori risponde alle polemiche con ciò che gli riesce meglio: il gol. Le 24 marcature messe a segno gli varranno, in coabitazione con Igor Protti del Bari, il titolo di capocannoniere del torneo 1995-1996. Dopo un’insurrezione popolare di tale portata, c’era da aspettarselo.

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Pubblicato da Alessandro Fracassi

Nato in quel di Sassari nel 1992, cresciuto nel segno della leadership, del temperamento e della passione per i tackle del Guv'nor Paul Ince. Aspirante giornalista sportivo, studio giornalismo all'Università "La Sapienza" di Roma. Calcio e Basket le linee guida dell'amore incondizionato verso lo sport, ossessionato dagli amarcord, dal vintage e dai Guerin Sportivo d'annata, vivo anche di musica rock e dei film di Cronenberg. Citazione preferita: "en mi barrio aprendí a no perder".