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François-René de Chateaubriand, padre del romanticismo letterario francese, sottolineava con convinzione il fatto che il tempo fosse poco incline a fermarsi con il solo scopo di ammirare, inerme, la gloria. Al contrario, si serviva di quest’ultima per poi oltrepassarla, calpestarla come se non avesse più una funzione, un ruolo. Non esiste niente, nello sport, che non sia più effimero della gloria: oggi splende di una luce abbagliante, domani vivacchia con fatica negli inferi, senza possibilità alcuna di emergere dall’oscurità. Una gloria, quella della Pallacanestro Varese, calpestata dal tempo e dagli avversari. Il paradiso tricolore non apre le sue porte dal 1978, troppi per un club che non conosce vie opposte al successo. Eppure, dopo 20 anni di rumorosi rovesci e false speranze, è una calda giornata del luglio del 1998 a ricongiungere tempo e gloria in un’unica via, dai colori biancorossi.
Nostalgie tricolori
Estate 1998. Il basket italiano vive uno dei momenti di massimo splendore della sua storia dominando, incontrastato, l’Europa: dalla Kinder Bologna di Ettore Messina campione continentale (in una Barcellona invasa dal bianconero virtussino) alla Mash Verona campione Korac di un giovane Andrea Mazzon in panchina, artefice di un miracolo sportivo senza precedenti al “Pionir” di Belgrado contro la Stella Rossa padrona di casa. Un exploit tricolore mancato solo dalla Sony Milano, sconfitta all’ultimo atto della Eurocoppa (la cui denominazione muterà poco dopo in Coppa Saporta) dallo Zalgiris Kaunas. Tra le piazze storiche della pallacanestro italiana l’unica che sembra aver perso ogni contatto con la gloria dei tempi che furono è Varese.
Sembrano lontani anni luce i miracoli sportivi della Ignis e Mobilgirgi targate Giovanni Borghi: la Varese cestistica ha perso lo smalto epico che ha da sempre contraddistinto la canotta biancorossa. Ha toccato con mano lo spettro della prima retrocessione in A2, materializzatasi come il peggiore degli incubi, nel 1992. L’agonia, durata due anni, ha poi riportato i biancorossi nel loro habitat naturale ma il patron biancorosso, Edoardo Bulgheroni, vuole alzare l’asticella. Lo scudetto al PalaIgnis manca dal 1978. Il palmarès varesino conta nove titoli e i sogni vertono tutti verso un’unica direzione: cucire sulla maglia il tricolore e la tanto agognata stella.
Varese Roosters: osare è fare
Confermato coach Charlie Recalcati, il roster della squadra muta drasticamente: Arijan Komazec passa dal biancorosso varesino a quello di un Olympiacos maturo per un ritorno da protagonista in Europa. Lo imita Roberto Casoli che raggiunge la penisola ellenica, direzione Panionios, mentre Richard Petruška saluta Varese per imboccare la strada verso Istanbul, sposando l’ambizione del Galatasaray. Ai nastri di partenza della stagione l’obiettivo dichiarato è quello di vincere il decimo scudetto. Per raggiungere il grande sogno, Bulgheroni e Recalcati costruiscono un roster affidando piena responsabilità al nucleo italiano in squadra. Francesco Vescovi rientra a Varese dopo una discreta stagione a Pistoia con l’Olimpia mentre Giacomo Galanda arriva in prestito dalla TeamSystem Bologna con l’intento di dare alla squadra quell’esperienza sotto canestro necessaria per avere un ventaglio più ampio di soluzioni nel pitturato. A Cristiano Zanus Fortes è invece affidato il ruolo di riserva dal minutaggio esiguo ma dall’incidenza, su squadra e match, notevole.
È però il trio composto da Alessandro De Pol, Andrea Meneghin e Gianmarco Pozzecco a rappresentare di fatto la spina dorsale di una squadra che affida ogni velleità tricolore al play goriziano, che alterna genio e sregolatezza. La scommessa sotto canestro risponde al nome del portoricano Daniel Santiago mentre è l’ala piccola croata, Veljko Mrsic, il pezzo da novanta di un mercato che non porta a Varese alcun giocatore americano. Un azzardo? Tutt’altro. La “follia” sul parquet si tramuta in una strategia chiara di re-branding societario. Una nuova veste identitaria alle soglie del Duemila: il club abbandona il main-sponsor che dominava, come di consueto, le maglie da gioco e adotta un nuovo logo che ricalca le orme della managerialità filo-americana. L’Italia saluta la nascita dei Roosters Varese (i “galletti da combattimento”) il cui simbolo, un galletto versione cartone animato, consegna canotta e club allo sport marketing e all’imprenditorialità cestistica che, a Varese, è di casa.
Transizioni e…pazzia: divertirsi è la parola d’ordine
Il sodalizio di coach Recalcati propone sui parquet nazionali e continentali una pallacanestro moderna e dai meccanismi oliati alla perfezione. Lo stile di gioco del quintetto biancorosso coniuga velocità e imprevedibilità con contropiedi rapidi: un “run & gun” condito da mortifere conclusioni dall’arco e penetrazioni nei momenti di massimo equilibrio del match. Alla fantasia di Mrsic si aggiungono la freddezza di Jack Galanda – autentico fattore sotto canestro e quindi a rimbalzo – e la chirurgica precisione di Pozzecco in cabina di regia. La “mosca atomica” guida la squadra con l’autorevolezza del leader. La qualità e l’efficacia delle soluzioni offensive che mette a disposizione della squadra lo porteranno a imporsi come giocatore decisivo e devastante: saranno l’OAKA di Atene e le Olimpiadi greche, del 2004, i palcoscenici della consacrazione definitiva del “Poz”.
Regular season: girone di andata da combattimento
Pozzecco e compagni inaugurano la Serie A1 1998/1999 con un filotto di vittorie consecutive che portano i Roosters in vetta alla classifica. L’arma in più è Mrsic, comunque oggetto di critiche dalla stampa locale per un’integrità fisica instabile che lascia non pochi dubbi per il prosieguo della stagione. Il croato risponde sul campo con prestazioni di livello e la consacrazione della squadra arriva nel successo interno contro la Kinder Bologna campione d’Italia e d’Europa.
Seguiranno vittorie dal notevole peso specifico: a domicilio nel derby con Milano e l’acuto casalingo con la Benetton, battuta di 10 lunghezze. La squadra macina gioco e risultati e le convincenti vittorie rappresentano solo il preludio delle imprese future. A Casalecchio, Varese dà una lezione di gioco alla Fortitudo con un netto 85-77 per poi sbancare, ancora una volta, il Pianella. A Cucciago, la solidità di Sandro De Pol e le sempre più convincenti prestazioni di Santiago affossano Cantù, allora sponsorizzata Polti. Il girone d’andata si chiude con 12 vittorie e una sola caduta, quella casalinga con Verona.
Il sogno sfiorato in Coppa Italia
L’incredibile serie di vittorie, l’approdo agli ottavi di finale in Eurolega e soprattutto la Final Four di Coppa Italia a Casalecchio di Reno: il 1999 è l’anno dei sogni di Varese e si apre con la squadra in corsa su tutti i fronti. Se in A1 la marcia è trionfale, in Coppa Italia le soddisfazioni non mancano. Nella semifinale con la Fortitudo, sono Zanus Fortes e Galanda i due uomini della provvidenza. Il 74-73 finale proietta i Roosters in finale, 11 anni dopo la sconfitta con la Juve Caserta.
Il palcoscenico, nel 1987, era il PalaDozza ma oltre alla sede (12 anni dopo) non muterà nemmeno l’epilogo. Al posto dei bianconeri campani, sarà la Kinder Bologna a infliggere una nuova bruciante sconfitta a Varese. Dopo aver condotto gran parte del match, i biancorossi dilapidano un discreto vantaggio e, complici le prestazioni monstre di Abbio e Rigadeau, alzano bandiera bianca. Suonano i primi campanelli d’allarme. Il timore è che la sconfitta a “Basket City” possa avere ripercussioni negative in Eurolega e in campionato.
L’eliminazione in Eurolega e il crollo in A1
Dal paradiso all’inferno: il sogno di riportare la Coppa Italia a Varese si tramuta in un incubo che affossa i biancorossi. La situazione in infermeria comincia a complicarsi nel momento più caldo della stagione. Pozzecco, complice una broncopolmonite, dovrà stare lontano dal parquet per più di un mese e le cose non sembrano migliorare oltre i confini nazionali. Il momento di sbandamento psico-fisico che si ripropone anche in Eurolega: davanti agli ex Komazec e Rogers e alla corazzata Olympiacos, Varese è in evidente difficoltà nei mismatch ma lotta con tutte le armi a sua disposizione. I due match vivono comunque nell’equilibrio, complici due commoventi prestazioni del quintetto di Recalcati. Ma al meglio delle tre gare i biancorossi del Pireo chiudono sul 2-0 la serie e staccano il pass per i quarti di finale.
La crisi varesina è totale. All’assenza della “mosca atomica” si aggiunge una precaria condizione fisica di squadra. Logica conseguenza del debito d’ossigeno sono le brucianti sconfitte subite a Bologna con la Kinder (84-67 per i bolognesi) ma soprattutto la “Caporetto” al PalaVerde di Treviso (97-50 per la Benetton) che scatena feroci contestazioni al PalaIgnis. Nell’ultima gara casalinga in regular season, con la Fortitudo Bologna, ci si aspetta una risposta di carattere che però non arriva. Myers e compagni infliggono a Varese una lezione di pallacanestro senza appello: i Roosters perdono partita e primo posto in classifica a vantaggio della TeamSystem. I playoff incombono e la strada che porta allo scudetto si preannuncia durissima, quasi ai limiti dell’impossibile.
Il ritorno dei galletti: dopo 9 anni, è ancora finale
l morale dei biancorossi, alla vigilia dei playoff che vedranno protagonista Varese contro la Pepsi Rimini di coach Piero Bucchi, è ai minimi stagionali. La notizia è che Pozzecco, smaltita la broncopolmonite, è arruolabile ma la scossa alla squadra arriva direttamente dalla società: Andrea Meneghin ha prolungato il suo contratto con Varese fino al 2004. Il messaggio del club è chiaro: dare continuità al progetto vincente e il cognome Meneghin non può che rappresentare il filo conduttore tra la gloria passata e la grandezza da costruire nell’immediato futuro. Con la Pepsi, è Mrsic il protagonista indiscusso: l’ala croata sembra tornata sui livelli di inizio stagione e il 3-1 della serie proietta i Roosters in semifinale, attesi dalla schiacciasassi Kinder come nella stagione precedente. Gara 1 a Varese è dominata dai biancorossi: Mrsic e Pozzecco fanno il bello e il cattivo tempo nella metà campo bolognese, portando la serie sull’1-0.
C’è anche il tempo per recuperare energie: la Kinder, infatti, è impegnata nelle Final Four di Eurolega a Monaco di Baviera. L’occasione per Varese – con una Kinder in debito d’ossigeno – è ghiotta e in gara 2, a Bologna, i bianconeri privati del titolo europeo dallo Zalgiris Kaunas, sono costretti a vincere. Devono però fare i conti con Meneghin che, con i suoi 19 punti personali, fa volare Varese sul 2-0 nella serie. Una vittoria: una sola vittoria divide Varese dal sogno della finale. Arriverà in gara 4, ancora a Bologna, con un Vescovi sugli scudi e decisivo con i suoi 5 punti negli ultimi minuti del match. È finale, dopo nove anni. Nel 1990, solo Pesaro impedì a Varese di toccare con mano il sogno della stella. Ora è il turno della Benetton, già due volte scudettata e alla ricerca del terzo trionfo in nove stagioni.
Varese campione d’Italia
La tensione è palpabile. Le aspettative altissime come la paura di Varese di lasciarsi scappare un’occasione così ghiotta. Il 6 maggio 1999 è in programma gara 1 al PalaIgnis, partita che può già indirizzare speranze e sogni: è fondamentale partire con il piede giusto. La Benetton di coach Željko Obradović è una squadra di grandissimo livello e Nicola, con una chirurgica precisione dall’arco, conferma le qualità trevigiane. Henry Williams lo imita ma i biancorossi sono concentratissimi. Meneghin sale di intensità e reattività; Santiago fa valere altezza e peso a rimbalzo; Mrsic è un fattore e quando c’è la sua presenza si sente. L’equilibrio regna fino al primo overtime quando De Pol e Galanda scavano il solco decisivo. Il primo, grande, passo è compiuto. Gara 2 a Treviso è vietata ai deboli di cuore. Sono i tiri pesanti i protagonisti indiscussi al PalaVerde.
Henry Williams da una parte, Mrsic dall’altra segnano con continuità. Pozzecco-Santiago è l’asse dal quale Varese costruisce le sue fortune ma la svolta tattica del match è segnata dalla freddezza del duo De Pol-Galanda nel secondo tempo del match. I due italiani, leader silenziosi del gruppo, mandano a bersaglio i canestri del successo. Dopo 29 vittorie consecutive in casa, la Benetton si inchina. Lo scudetto della stella biancorossa è ad un passo. 11 maggio 1999. Primo match ball in casa per Varese: l’atmosfera è quella delle grandi occasioni. Treviso, con Pittis e Williams, cerca lo strappo decisivo. La gara è maschia: il naso di Pozzecco cede dopo uno scontro con il gomito di Nicola ma il Poz non perde ciò che in quegli istanti conta di più: la testa. Il primo tempo si chiude ma il secondo si apre con il Pozzecco show che con una serie di triple, assist no-look e giocate di altissima scuola indirizza match e scudetto. È un countdown verso la gloria: 3, 2, 1…è invasione di campo, è tripudio biancorosso, è scudetto. Il decimo. Il più sofferto, il più bello.