5 focus point dopo le semifinali di Champions League

Champions League, Pellegrini

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Mancano solo ventitré giorni all’ultimo atto della Champions League 2017/18. La fine di un percorso, il termine naturale di un perpetuo viaggio che anno dopo anno si rinnova e ci accompagna per mano durante tutta la stagione di grande calcio internazionale. Abbiamo urlato di gioia e di dolore, ci siamo esaltati per i gol e per le giocate dei singoli. I dettagliati disegni tecnico-tattici nelle vittorie o per maledire la sfortuna, le occasioni mancate, il fatal errore nella sconfitta. Per certi versi, le due semifinali giocatesi in queste due settimane fra Roma, Liverpool, Real Madrid e Bayern Monaco hanno racchiuso molto di ciò che il meglio del calcio europeo potrebbe riservarci sabato 26 maggio, alle ore 20:45.

AD UN GOL DA KIEV (o quasi)

Roma e Bayern hanno dato tutto, ma il loro tutto non è bastato. Due prove speculari, due facce della stessa medaglia incapace di cadere con la giusta faccia rivolta verso l’alto. Della sfida fra Bayern e Madrid avevamo parlato in termini di rivalsa bavarese ai danni di un Real in modalità “vittoria sempre e comunque”, che avrebbe potuto approdare alla terza finale in tre anni (con all’attivo, per il momento, due vittorie). Record su record, insomma. Se da una parte l’incantesimo è stato parzialmente spezzato, il 2-2 del Bernabéu non è riuscito invece ad interrompere il digiuno da finale della squadra pluricampione di Germania. Così come non è riuscita l’ennesima impresa della sua stagione europea alla Roma di De Rossi e compagni, chiamati a ribaltare lo scarto di tre reti maturato contro il Liverpool ad Anfield. Due imprese sfiorate, due storie che potevano tracciare il loro percorso fino a Kiev, e che invece son dovute fermarsi prepotentemente ad un passo o, per meglio dire, ad un gol (o quasi) di distanza dalla meta.

ERRORI IMPERDONABILI E SLIDING DOORS

Due facce della stessa medaglia, quelle di Roma e Bayern, anche in materia di gravissimi errori individuali. Come quelli di Sven Ulreich e Radja Nainggolan, errori da 3 in pagella che hanno spianato la strada a Benzema da una parte, alla premiata ditta Firmino-Mané  dall’atra. Madornali sciocchezze, leggerezze che aumentano i rimpianti di giallorossi e biancorossi per quello che sarebbe potuto essere e che invece non è stato. Proprio la disperazione del portiere tedesco, chiamato all’arduo compito di sostituire il lungodegente Manuel Neuer, è la fotografia perfetta di questa imprevedibile sliding door chiamata Champions League. “Non riesco a spiegarmi il mio errore”, ha dichiarato Ulreich ai compagni scusandosi per l’incredibile leggerezza. Purtroppo, a questo punto, le scuse servono a ben poco.

A TESTA PIÙ CHE ALTA

Un 4-2 che sa di beffa, oltre che d’impresa mancata. La Roma vince, convince, dimostra di poter stare nell’Olimpo del calcio internazionale. E così aumenta il rammarico per quel maledetto match di andata, segnato dal suicidio tattico di Di Francesco e dalla manita rifilata dal Liverpool ai giallorossi. Poco importa che alla fine dei giochi rimangano gli applausi per l’avventura europea della società capitolina, capace di far stare incollata davanti alla tv l’intera Italia pallonara durante l’indimenticabile impresa dell’Olimpico contro il Barcellona. Con un pizzico di cattiveria in più sottoporta, o con la giusta chiamata dell’arbitro sul tocco di mano di Alexander Arnold dopo la conclusione all’interno dell’area di rigore inglese di El Sharaawy, la banda di Di Francesco avrebbe potuto continuare a scrivere un’incredibile storia a tinte giallorosse. Invece rimangono i complimenti, ma rimane anche la sensazione di non aver saputo approfittare di un’occasione d’oro, per centrare un’impresa straordinaria.

VAR O NON VAR IN CHAMPIONS, QUESTO (NON) È IL DILEMMA

Ripetuto quasi allo sfinimento, il concetto di VAR applicato anche alla massima competizione calcistica del Vecchio Mondo appartiene ad una battaglia che l’Occhio Sportivo si propone, nel suo piccolo, di portare avanti con forza e decisione. Anche in queste quattro partite delle semifinali, molteplici episodi hanno minato la regolarità e lo spettacolo offerto dalle squadre sul rettangolo verde di gioco: l’entrata di Sergio Ramos su Lewandowski, il tocco di mano in area di rigore di Marcelo sul traversone di Kimmich, quello già citato di Arnold sul Faraone… Di Francesco ha parlato di “episodi clamorosi”, Florenzi di “finale Bayern-Roma senza errori arbitrali”. Parole dure. Rimane l’eterno dubbio di fondo: col VAR sparirebbero i problemi? Molto probabilmente no, ma sicuramente aiuterebbe tutti quanti a godersi al meglio il gioco del calcio. Un tentativo può e deve esser fatto.

L’ULTIMA AL BERNABÉU DI PICCININI

Ultimo punto d’analisi dedicato a quella che sembra essere stata l’ultima partita al Bernabéu da commentatore per Sandro Piccinini, storica voce del calcio targato Mediaset che ha accompagnato intere generazioni di giovani aspiranti giornalisti sportivi italiani con le sue storiche esclamazioni, come “incredibile“, “proprio lui“, “sciabolata morbida” e tante, tantissime altre. Con la Champions che passerà, dal prossimo anno, in esclusiva sui canali Sky, purtroppo dovremo rassegnarci a non ascoltare più le sue inconfondibili “perle”.

Ritenuto insopportabile da molti, osannato per la sua esuberanza da molti altri, Piccinini rimarrà una voce storica della televisione commerciale italiana.

E, nonostante tutto, ci mancherà. Perché siamo sempre disposti ad ascoltare chi ci fa vivere un evento sportivo toccando, una per una, le corde delle nostre emozioni.

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Pubblicato da Andrea Coscetti

Classe 1993, laureato in "Comunicazione, Lingue e Culture" all'Università degli Studi di Siena e studente del Corso di Laurea in "Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo" alla Sapienza di Roma. Aspirante professionista della comunicazione, social media manager sportivo, tifoso milanista "non evoluto", segue il mondo degli e-sports con grande interesse. Una parola? #Daje.