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Lo sgabuzzino è il luogo dove la memoria rispolvera echi datati, emozioni accantonate. Un concentrato di ricordi, nel quale nemmeno le abbondanti dosi di polvere riescono a rovinare pagine e nastri di storia calcistica. Le Vhs, dalle etichette ingiallite, custodiscono gelosamente quel che è rimasto, frame by frame, delle rimpiante domeniche pallonare. Il fascino dei bomber europei, tra le foto dei vecchi Guerin Sportivi e le immagini della “Logos” che scorrono accompagnate dalla solita voce intrisa di epicità, cattura le attenzioni di chi soffre di arcaiche nostalgie.
Se i fuoriclasse del gol affascinano, i nomi degli attaccanti che emergono dai reperti di archeologia calcistica riportano alla mente suggestioni certamente non inferiori. Cognomi poco “esotici”, poco “notiziabili” rispetto alle gesta dei più celebri colleghi ma altrettanto densi di leggenda mista a epicità. Sono i bomber di seconda fascia, protagonisti di domeniche indimenticabili. Terminali offensivi di squadre in cerca di un piazzamento Uefa, di clamorose vittorie contro avversari ben più quotati, di imprese solo sfiorate contro i Golia di turno. Di maglie sudate e strappate con il 9, sulla schiena, a ribadire intenti e aspettative di una carriera vissuta all’insegna di un’unica preoccupazione: quella per il gol.
Dimentichiamoci per un attimo di smartphone e applicazioni di social networking, portatrici di nuove forme di socialità mediata. Togliamo piuttosto la polvere dalla vhs e riavvolgiamo il nastro. Premiamo play e godiamoci la prima puntata dei cinque bomber meno reclamizzati degli anni ’90. Il primo appuntamento ci porta sul lungomare della Concha, spiaggia storica e simbolo di San Sebastian, Paesi Baschi spagnoli. Piazza calcistica ideale per i cecchini dell’area di rigore. Teatro di reti d’autore: quelle di Meho Kodro, el delantero bosnio.
Meho Kodro: un bomber in fuga per la vittoria
I geni jugoslavi non mentono: fantasia al potere o bomber di razza erano le uniche vie di fuga per chi, nei Balcani, sognava con il pallone tra i piedi. Sfuggire alle miriadi di difficoltà, economiche e sociali, diventava quasi un obbligo. Meho Kodro, nella Prva Liga, spinse il pallone per ben 48 volte nelle reti avversarie. Indossava la maglia del Velez Mostar, il sodalizio pallonaro della sua città natale, studiando da vicino le gesta del suo compagno di reparto Vladimir Gudelj, bomber di razza che in Spagna lasciò il segno in quel di Vigo. Un talento, quello di Meho, ossessionato dalla cura del dettaglio e dalla perfezione del gesto tecnico: un bagaglio di abilità pallonare che rischiava di essere abbattuto ancor prima di sbocciare. Come lo “Stari Most”, simbolo della guerra per l’indipendenza bosniaca che cadde sotto i colpi delle atrocità belliche, in nome di una pulizia etnica che mise in ginocchio quel che restava della Jugoslavia unita degli anni ’90.
Fiutando uno scenario dominato da sangue e lacrime, Kodro attraversò il vecchio ponte bosniaco prima che le milizie croate lo distrussero, accecate da un nazionalismo che travolse famiglie, valori, sogni e speranze. La sua voglia di emergere rimase però intatta. Seguendo le orme di Gudelj, Kodro disse addio alla sua terra natale direzione Spagna. San Sebastian e la Real Sociedad credettero nelle potenzialità del giocatore, scosso dal dolore per un paese, il suo, in crisi d’identità ma dai propositi di rivalsa personale raggiungibili attraverso un linguaggio calcistico universale per un attaccante: il gol. L’allenatore degli txuri urdin, John Toshack, convinse il club a un investimento esiguo per l’epoca (100 milioni di Pesetas, poco più di 600 mila euro), certo che le qualità del centravanti bosniaco sarebbero emerse con decisione anche in un campionato di prima fascia come quello spagnolo.
Eredità pesanti da raccogliere e dubbi tecnici
L’eredità che il giocatore raccolse al suo arrivo nei Paesi Baschi fu però pesantissima: l’imperativo categorico era quello di non far rimpiangere sua maestà John Aldridge, centravanti irlandese ex Liverpool. L’attaccante d’oltremanica non si ambientò nei due anni baschi, complici insistenti nostalgie per la Terra d’Albione. Nonostante le difficoltà di ambientamento mise a segno 40 reti in 63 partite giocate in Spagna tra il 1989 e il 1991. Un bottino di tutto rispetto quello dell’irlandese ma difficile da sostituire. Il vecchio stadio “Atocha”, alla presentazione della rosa della Erreala edizione 1991/1992, storceva il naso. Un bosniaco semi-sconosciuto con la 9 di Aldridge era sintomo di un evidente ridimensionamento degli obiettivi societari. I dubbi sulle qualità del giocatore ebbero però effimera durata.
7 dicembre 1991: al Bernabeu nasce “El Kodrazo”
Nonostante un inizio a rilento, il primo sigillo in Spagna non tardò ad arrivare. Lo scenario era quello del Santiago Bernabeu, l’avversario il Real Madrid. Le Merengues conducevano con un 4-0 che non ammetteva repliche. Hagi, il Maradona dei Carpazi, fece bello e cattivo contro la malcapitata difesa Txuri Urdin. Serviva un sussulto d’orgoglio e in quel piovoso pomeriggio madrileno del 7 dicembre 1991 la Primera División conobbe Meho Kodro.
Il 9 bosniaco, con una sassata su calcio di punizione dal limite dall’area, trafisse Paco Buyo dando vita al “Kodrazo”. Il neologismo divenne presto termine giornalistico comune, con il quale i cronisti sportivi iberici erano soliti celebrare le precise e potenti staffilate su calcio piazzato del centravanti bosniaco. Negli anni, il significato del neologismo si estese: “El Kodrazo” divenne un immancabile appuntamento nelle sfide che vedevano opposti i Txuri Urdin alle grandi di Spagna, Barcellona e Real Madrid. Con le cinque reti ai blaugrana e le sette ai blancos, Kodro venne ribattezzato dalla stampa spagnola come “l’ammazza-grandi”. Lo scetticismo iniziale della tifoseria blanquiazul fece posto a una certezza inconfutabile: Meho era destinato ad imporsi come uno dei centravanti più prolifici e completi d’Europa degli anni ’90.
L’idealtipo del centravanti moderno
Rapidità, forza fisica e precisione furono le caratteristiche chiave di un giocatore ossessionato dalla cura maniacale del dettaglio. Contagiosa la voglia di Kodro di migliorarsi, tanto in allenamento quanto negli appuntamenti ufficiali. L’abilità nel colpo di testa, sfruttando i suoi 1,88 cm di altezza, gli consentiva di mandare in scacco matto le difese schierate a zona. Due, però, furono i movimenti smarcanti tipici dell’attaccante bosniaco: l’anticipo sul marcatore con conseguente attacco al primo palo quando i palloni gli venivano forniti dalle fasce e l’attacco della profondità. Nonostante la stretta marcatura del difensore avversario, Kodro si defilava sulla destra calciando poi in diagonale verso lo specchio della porta. Risultato? Faccia sconsolata del portiere da una parte e braccia larghe (ed esultanti) dall’altra.
Il biennio d’oro: 1993-1995
Tra il 1993 e il 1995, Kodro si consacrò come uno dei più grandi centravanti in circolazione. Il bosniaco faceva reparto da solo, nonostante fosse assistito da un giocatore di classe come Javier de Pedro, prodotto della cantera Txuri Urdin. La svolta definitiva a una carriera che decollò fu datata 22 gennaio 1994. Il Barcellona, il Dream Team di Johan Cruijff, si presentò all’Anoeta per consolidare il primato nella Liga. 1′ di gioco: Kodro non diede nemmeno il tempo ai blaugrana di ammirare il nuovo impianto basco, inaugurato nel luglio 1993. Fiondandosi su una palla sporca, attaccò il secondo palo e portò avanti i suoi. Gli azulgrana pareggiarono poco dopo con Michel Laudrup ma, nella ripresa, ancora il bosniaco annullò la retroguardia di Cruijff mandando in estasi i 30mila Txuri Urdin.
Il percorso di crescita si completò nel derbi basco del 28 maggio 1995. La manita rifilata dalla Real all’Athletic Bilbao entrò di diritto nella storia del calcio spagnolo così come la tripletta con la quale Kodro si congedò dal suo pubblico: un gol di sinistro a porta sguarnita ad aprire le danze, un colpo di testa letale e un piatto destro, salutato con il palmo della mano aperto e disteso al cielo. Al fischio finale, i dubbi sulla permanenza del bomber bosniaco a San Sebastián si tramutarono in una triste ma ovvia realtà. La standing ovation riservata dal pubblico dell’Anoeta al suo bomber in lacrime mise la parola fine all’esperienza del bosniaco in Spagna. Con un bottino di tutto rispetto: 73 reti in 129 partite e titolo di Pichichi della Primera División più volte sfiorato.
Se Cruijff telefona…
Nell’estate del 1995 il centravanti bosniaco divenne uno dei pezzi pregiati del mercato e i rumors sul suo trasferimento si sprecarono: il Bayern Monaco era pronto a carte false pur di strapparlo alla Real Sociedad e portarlo in Bundesliga. L’Inter della nuova era Moratti, dopo aver ingaggiato Paul Ince dal Manchester United, voleva affidargli le chiavi dell’attacco nerazzurro per poi ripiegare sull’avioncito Rambert. La spuntò invece il Barcellona con una telefonata-blitz di Johan Cruijff che offrì alla Real Sociedad una cifra vicina ai 700 milioni delle allora Pesetas (5,5 milioni di euro attuali). Era il Barcellona dell’ultima versione del Dream Team dello stratega olandese, desideroso di rivalsa dopo una temporada anonima e orfano di Hristo Stoičkov diretto a Parma.
L’esperienza di Kodro al Camp Nou fu invece altalenante, non in linea con le aspettative della vigilia: 9 reti in 32 match disputati. Ma se dovessimo chiedere ai tifosi blaugrana cosa ricordano maggiormente dell’esperienza catalana di Kodro, la risposta sarebbe unanime: Barcellona-Real Madrid, il Clasico del 10 febbraio 1996. Kodro, quando vedeva blanco, si trasformava: come un avvoltoio che si avventa sulla sua malcapitata preda, al tramonto del primo tempo trafisse Buyo sul suo palo con il classico movimento in anticipo sul difensore (in quel caso il malcapitato di turno fu Manuel Sanchis, non proprio l’ultimo arrivato). Non soddisfatto, ai titoli di coda del match mise a sedere ancora una volta l’estremo difensore merengue e mandò in visibilio il teatro dei sogni azulgrana. Concluse la carriera tra Tenerife (con un’altra doppietta, decisiva, al Real Madrid nel 1998), Vitoria (con l’Alavés) e Tel Aviv, sponda Maccabi.
Fonte immagine copertina: Transfermarkt.it