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Sono state riempite pagine di trattati di filosofia, di psicologia, di antropologia sulla nozione e percezione di amore. Parafrasando i dogmi della psicoanalisi di Carl Gustav Jung, potremmo definirlo come un concetto multiforme ma con una caratteristica peculiare: l’estensibilità. Perché l’amore è estensibile? Perché in sé incarna il sublime e l’infinito. L’amore è anche – Voltaire docet – la più forte di tutte le passioni perché attacca senza pietà e simultaneamente cuore, anima e corpo.
“La gioia dell’amore è sentirci giustificati d’esistere”
Eppure, a metà tra carnale e psicologico, vive la passione che ha legato Mike Iuzzolino alla Scaligera Verona. Quattro stagioni in cui un’unica anima, quella della pallacanestro, ha ospitato idealmente due corpi in un intreccio intriso di storia, di quasi culto. Un sentimento, quello tra il playmaker e la città scaligera, riassunto minuziosamente da Jean Paul Sartre. Non poteva che essere il padre dell’esistenzialismo a darci la definizione totale e definitiva del legame tra Iuzzolino e Verona: “La gioia dell’amore è il sentirci giustificati d’esistere”.
È nata così una delle storie d’amore più intense che la pallacanestro italiana ricordi. Iuzzolino, all’ombra dell’Arena, ha toccato con mano il senso della sua esistenza. Verona ha giustificato un percorso di vita intriso di inevitabili ostacoli e difficoltà ma lo ha illuminato di una luce che Mike, tra i mostri sacri dell’NBA, non ha mai percepito così abbagliante e travolgente. Verona ha permesso a Iuzzolino di specchiarsi nel suo stesso talento, di modellarlo, di percepire una nuova normalità, lontana dalla frenesia delle metropoli made in Usa e costruita su misura d’uomo tra Piazza delle Erbe e Corso Porta Nuova. Verona ha rappresentato per Mike una dimensione ideale di esistenza, a tutto tondo. Un equilibrio tra vita privata e parquet cucito su misura. Verona lo ha amato, venerato e a distanza di anni è immutato il sentimento di passione viscerale della città scaligera per il suo “Paisà” (i nonni di Mike erano originari di San Gregorio Magno, provincia salernitana). Ecco cosa è stato l’amore tra Iuzzolino e la sua Verona: una passione scolpita nel destino.
L’NBA, just an illusion
Mike Iuzzolino nasce anagraficamente ad Altoona, cittadina della contea di Blair (Pennsylvania) e sportivamente come cestista. Segni particolari? Playmaker, nella vita e sul parquet. Un talento coltivato con estrema fatica tra due college di seconda fascia (la Penn State University – con i Nittany Lions – e il St.Francis con i Red Flash) che non passa però inosservato tra gli scout dell’Association. Al Draft 1991 sono infatti i Mavericks, al secondo giro, a chiamare Mike come 35ma scelta (dai Bullets via Kings). A Dallas, davanti allo strapotere atletico e tecnico di due interpreti esperti come Rolando Blackman e Derek Harper, Iuzzolino riesce comunque a emergere ritagliandosi il suo spazio. Tra il 1991 e il 1993 Mike colleziona 122 presenze, viaggiando a 9 punti di media, conditi da 4 assist a partita. Numeri di tutto rispetto per un comprimario di 25 anni, la cui esplosione definitiva sembra arrestarsi sempre sul più bello.
L’occasione per un definitivo salto di qualità si presenta nell’estate del 1993, la prima da free agent. Gli Orlando Magic di Anthony Bowie e di un giovane Shaquille ‘O Neal gli propongono un contratto ma l’avventura di Mike in Florida dura lo spazio di alcune sessioni di allenamento. Il passo dall’NBA alla CBA è però breve e fino al 1995 Iuzzolino cerca, invano, barlumi di fortuna tra i Rochester Renegade, i Fort Wayne Fury, i Shreveport Crawdads e i Rapid City Thrillers. Sembra un copione già scritto, un copione visto e rivisitato: un giocatore talentuoso, scelta di un draft, che non riesce a emergere nell’élite della pallacanestro mondiale.
Verona…and nothing else matter
La fiducia è il leitmotiv di ogni relazione sentimentale. Nemmeno i primi approcci tra Iuzzolino e la Mash sfuggono a questa logica. Ma riavvolgiamo il nastro dei ricordi. Estate 1995. Dopo una buona stagione in Italia e in Europa, è tempo di cambiamenti in casa Scaligera Verona. Il primo epocale cambiamento si ha con il main sponsor: la storica casa farmaceutica britannica Glaxo viene sostituita dai fratelli Giuliano e Federico Ambrosini e dalla loro azienda, la Mash Jeans. Confermato Franco Marcelletti come coach, il GM gialloblù Andrea Fadini apporta delle sostanziali modifiche al roster gialloblù: lasciano Verona due pilastri della vecchia Glaxo: Davide Bonora e Henry Williams, direzione Benetton. I due simboli della pallacanestro scaligera vengono sostituiti da David Londero, ex MetaSystem Reggio Emilia e Ryan Lorthridge, guardia tiratrice poco genio e molta sregolatezza di 23 anni, prelevata dagli Warriors.
Prima di mettere sotto contratto Lorthridge, la Verona cestistica sogna ancora più in grande: per oltre un mese Fadini tratta (senza successo) Vernon Maxwell, Mad Max, neocampione NBA con i Rockets di Hakeem Olajuwon e Robert Horry. Il sogno solo sfiorato lascia però presagire un futuro roseo per la Mash anche se, almeno inizialmente, i risultati della stagione 1995/96 non coincidono con i programmi societari. Nelle prime quattro giornate di campionato la squadra di Marcelletti raccoglie solo due punti (vittoria all’esordio in casa con la Teamsystem) e i dubbi sulla firma di Ryan Lorthridge cominciano a moltiplicarsi. Nei giorni successivi alla sconfitta del PalaEur di Roma contro la Nuova Tirrena, il play americano si rende protagonista di una bravata notturna: un incidente automobilistico che per poco non si rivela mortale. Per sostituirlo Fadini – che è profondo e minuzioso conoscitore del basket americano – propone a Marcelletti l’ingaggio di Mike Iuzzolino, ormai relegato (e sfiduciato) in CBA.
Tempo di rivincite
L’arrivo del playmaker in Italia, nonostante un passato NBA con i Mavericks, è ricoperto di scetticismo e dopo i primi allenamenti le impressioni della vigilia collimano con un’evidente realtà dei fatti: Iuzzolino non convince né dal punto di vista tecnico né tantomeno sul piano atletico: struttura fisica gracile, difficoltà nei movimenti, quasi goffo nel portare a termine alcuni schemi e poco preciso nella conclusione a canestro. Fadini scommette sul ragazzo, convinto che si debba lavorare solo ed esclusivamente sul recupero psicologico. Sul talento di Mike, infatti, non ci sono, ne ci devono essere dubbi. Il GM propone, al play e a coach Marcelletti, un compromesso: un contratto a gettone dal quale la società può uscire in qualsiasi momento nel caso in cui Mike tradisca le attese. Per Iuzzolino, invece, si tratta del classico treno in transito e da prendere al volo senza remore: imporsi in Europa per riacquisire autostima e centralità in un progetto tecnico perse da tempo nei bassifondi della CBA.
La fiducia: su questo si basa il periodo di “apprendistato” di Iuzzolino a Verona. E l’esordio in A1 non è dei più confortanti: il 15 ottobre 1995 la Viola Reggio Calabria passa al PalaOlimpia. 63-59 il finale per i calabresi. La performance di Iuzzolino è tutto tranne che esaltante: mette soli sei punti a referto in 38 minuti di gioco. È il punto più basso della carriera di Mike. “La storia della mia vita: per uno che credeva in me, mille dicevano che non ce l’avrei mai fatta. E ogni volta che lo sentivo dire, avevo uno stimolo in più per riuscirci“. Da quel momento, più che convincere, Mike Iuzzolino fa sognare Verona. Il play italo-americano sale in cattedra e mette in mostra tutto l’immenso talento di cui dispone: mortifere conclusioni dall’arco, penetrazioni concluse con la celebre parabola “ad arcobaleno” (suo marchio di fabbrica) e una quantità industriale di assist al bacio per i compagni. E come in una storia d’amore, il primo bacio tra Mike e la Mash arriva in Serie A1: avversaria la Buckler Bologna campione d’Italia . Con una prestazione sontuosa, Iuzzolino trascina la sua lei nell’estasi collettiva.
In pochi mesi Iuzzolino prende in mano la Mash e con percentuali di tiro fuori da ogni logica terrena per un play (50% di realizzazione da tre punti) porta i gialloblù a un passo dalla seconda Coppa Italia della loro storia. È la Stefanel Milano, trascinata da un immarcabile Rolando Blackman (ex compagno di Mike ai Mavericks) a mettere la mani sulla coccarda tricolore. Alla Mash rimangono però il diritto di disputare la Coppa Saporta nella stagione 1996/1997, la partecipazione alla Supercoppa italiana di settembre e il prolungamento contrattuale di Iuzzolino. What else?
Un sogno Magic e il trionfo in Supercoppa
Stagione 1996/97, cambia la guida tecnica a Verona: Marcelletti cede alle lusinghe, ai milioni e al prestigio della Stefanel campione d’Italia. Per sostituirlo, Fadini (vicino all’addio, direzione Kinder Bologna) ingaggia Phil Melillo, reduce da due esaltanti stagioni con l’Olitalia Forlì. Iuzzolino, nel frattempo, si scrolla di dosso tutte le pretese e tutti i dubbi dei mesi precedenti. Il Paisà lavora intensamente per perfezionarsi soprattutto dal punto di vista atletico e le notizie, sempre più insistenti, che circolano a Verona in quelle settimane gli consentono di prepararsi alla nuova stagione senza particolari pressioni: la Mash ha infatti in pugno (almeno per le prime tre gare stagionali, ovvero la finale di Supercoppa italiana e le due di Coppa Italia) Magic Johnson. Un’operazione di marketing studiata capillarmente dal patron gialloblù Vicenzi e da Fadini che vogliono vestire di gialloblù il fuoriclasse Lakers. Si riesce a definire ogni cavillo contrattuale.
L’operazione ha un costo di circa un miliardo e mezzo per 15 giorni. Melillo storce il naso: l’arrivo del giocatore potrebbe destabilizzare l’ambiente ma la scelta è ormai presa. Anche la tavola è apparecchiata ma Angelo Rovati, presidente della Lega, rovina ai commensali scaligeri un fugace assaggio di caviale. Il sogno rimane tale ma delusioni e illusioni lasciano ben presto spazio all’impresa: il 15 settembre 1996, al Forum di Assago, Verona scrive una nuova pagina della sua storia. Trascinata da Iuzzolino (17 punti a referto) e da Jack Galanda (formato MVP), la Mash mette la freccia sulla Stefanel scudettata di Marcelletti e vince la prima Supercoppa italiana della sua storia. Vendetta per la sconfitta in Coppa Italia servita sul piatto d’argento.
Prestazioni mostre: nasce “l’uomo di San Gregorio Magno”
Il 1996/97 in Serie A1 di Iuzzolino e la Mash parte in sordina. Dopo 13 giornate in archivio e la Final Four di Coppa Italia già conquistata, Verona vive di preoccupanti “high and low“. Sei vittorie e sette sconfitte sono un record poco invidiabile per un roster che punta deciso al post season. Viene così esonerato Melillo, sostituito da un giovane Andrea Mazzon, già vice allenatore scaligero dalla stagione 1990/1991. È la svolta: Iuzzolino, “l’uomo di San Gregorio Magno” (così viene ribattezzato dal compianto Franco Lauro), trascina i suoi in Italia e in Europa: se in coppa nazionale l’avventura si ferma in semifinale, la regular-season vede Verona chiudere al quinto posto con un record di 16-10, a 12 lunghezze dalla vetta dominata per tutta la stagione dalla corazzata Benetton Treviso ma alla pari con squadre come Fortitudo, Virtus Bologna e Milano.
Agli ottavi di finale la Scavolini Pesaro viene eliminata con un secco 2-0 mentre ai quarti si riaccende l’infinita sfida con l’Olimpia: Milano vince gara-1 al Forum ma la Mash ha uno Iuzzolino formato uragano. Il play gialloblù è incontenibile soprattutto in gara-2 (35 i punti a referto) e nella decisiva gara-4 (27 punti) quando Verona espugna il Forum raggiunge la semifinale. Il sogno continua in gara-1 con la Benetton: al PalaVerde la Mash mette la freccia con una pazzesca vittoria e il protagonista non può che essere Mike: 30 punti a referto con un pazzesco 9/15 dall’arco. La Benetton riporta però tutto in parità due giorni dopo e chiude i giochi in gara-4, ancora al PalaOlimpia, con un Riccardo Pittis immarcabile.
L’Europa toglie…
L’avvicendamento Melillo-Mazzon consente alla Mash di acquisire una mentalità e, al contempo, una solidità dello starting five che si rivela decisiva anche in Europa. Nella Coppa Saporta, la vecchia Coppa delle Coppe, la Mash annienta avversari e record. Nella prima fase, girone a sei squadre, il primo posto scaligero è solo una formalità, così come il passaggio del turno ai sedicesimi e agli ottavi di finale (eliminati rispettivamente gli jugoslavi del Beocin e gli ucraini del Budivelnyk). Iuzzolino viaggia a media spaventose: 20 punti a partita sono una quasi sentenza per le velleità avversarie. Il momento di forma di Mike è incredibile: ai quarti di finale Iuzzolino spazza via il Porto (96-78 al PalaOlimpia, 72-60 in Portogallo) mentre in semifinale è l’Iraklis Salonicco ad alzare bandiera bianca. Verona sogna: la prima finale europea della storia gialloblù è realtà, la Coppa delle Coppe è invece un sogno ma stavolta a portata di mano.
15 aprile 1997, Athlitiko Kentro Eleftheria di Nicosia, Cipro. La Mash chiede strada al Real Madrid di coach Zelijko Obradovic e di una vecchia conoscenza della pallacanestro italiana: Dejan Bodiroga. Il sogno del trionfo si trasforma ben presto in incubo: Bodiroga, Joe Arlauckas e Alberto Herreros fanno il bello e cattivo tempo nella metà campo scaligera. Solo Keys, Boni e Londero tengono a galla la Mash. Assente ingiustificato Mike Iuzzolino. Proprio nell’occasione in cui Mike deve dimostrare l’amore sconfinato per Verona, la tradisce. Con la complicità di Ismael Santos, la cui asfissiante marcatura a uomo frutta al Paisà la miseria di 6 punti a referto. Arriva la sconfitta, vola via il sogno europeo per Verona. Mike mastica amaro. Ma è proprio dalle delusioni più cocenti che riesce a rialzarsi. Sempre.
…l’Europa dà e consacra
Le più intense e travolgenti storie d’amore vivono di alti e bassi. Iuzzolino e la Mash vivono la classica crisi nell’estate 1997 quando si moltiplicano le voci che vogliono Mike lontano dall’Arena e vicino alle guglie del duomo milanese. Sono solo parole, illazioni: è troppo grande, solido e ripagato l’amore che Iuzzolino prova per la sua Mash. Mike sta a Romeo come la Mash sta a Giulietta. Con un’evoluzione completamente opposta alla celebre tragedia shakespeariana. Solo l’Europa della Korac può suggellare l’apoteosi della passione. Come suggerisce il celebre brano dei Dire Straits, “Romeo and Juliet”: “Un Romeo pazzo d’amore canta una serenata dalla strada. Lasciando tutti tristi per la canzone d’amore che ha scritto, trova la luce giusta nella strada, qualche passo fuori dall’ombra. Dice qualcosa del tipo: “Tu ed io, piccola, che ne dici?”. E così sarà. Mike Romeo Iuzzolino afferra per mano la sua Verona e la porta al ballo dei grandi: alla finale di Coppa Korac 1998. Stavolta è la Stella Rossa di Belgrado a incutere timore e le paure della vigilia si tramutano in realtà: il match di andata al PalaOlimpia si conclude con una bruciante sconfitta, 74-68 per i serbi. Sei punti da recuperare, nel catino infernale dei Pionir di Belgrado. Serve il miracolo sportivo.
1 aprile 1998. Il Pionir è una bolgia, un palazzetto pronto a celebrare il trionfo della Zvezda. Iuzzolino però non ci sta. Memore della sconfitta di Nicosia di 12 mesi prima, lo ripete a sé stesso e alla sua Mash: “quando capirai che fu solo il momento a essere sbagliato?“. Mike segna 18 punti, coadiuvato dalle prestazioni monstre di capitan Dalla Vecchia, Bullara e Keys. Il finale è sconsigliato ai deboli di cuore e vede protagonista Sandro Boni: dopo aver fatto piangere Verona all’andata, Bencic la fa sorridere e non può che essere un sorriso smagliante. A pochi secondi dalla sirena, il giocatore biancorosso stampa sul ferro una tripla sulla quale si avventa Boni che la cattura, subendo fallo. I due punti finali dalla lunetta sono il sigillo del trionfo gialloblù. Il primo in Europa.
La serata di festa è ormai passata, le fatiche lasciano spazio a uno stato di felicità quasi surreale. Iuzzolino è affacciato nel balcone della sua abitazione e scruta, con le lacrime agli occhi, il panorama di Verona che sembra quasi confondersi con il cielo stellato di quella notte. Dopo aver asciugato le lacrime, l’amore del Paisà per Verona e la sua Mash è rapito dalle parole di “Romeo and Juliet”, ancora una volta. Mark Knopfler non avrebbe infatti potuto scegliere una dichiarazione d’amore migliore di questa: “non posso fare tutto, ma farei qualsiasi cosa per te. Non so fare niente se non amarti“.
