Juventus-Real Madrid 2003: Pavel Nedved e la notte dei rimpianti

approfondimento su Nedved

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La perfezione, si sa, non appartiene a questo mondo ma tante volte l’idea di essa è tangibile. Torino, 14 maggio 2003. Lo Stadio “Delle Alpi” ribolle di passione. È la semifinale di ritorno di Champions League. La Juventus di Marcello Lippi conduce per 2-0 su un Real Madrid alla disperata ricerca del gol che riaprirebbe il discorso qualificazione. Un risultato, quello maturato nei primi 45’, che proietterebbe i bianconeri in finale.

Il fascino delle notti d’Europa: Torino sogna

Dopo la vittoria per 2-1 dell’andata al Bernabeu, il Real Madrid dei Galacticos è alle corde. David Trezeguet e Alex Del Piero lo hanno tramortito, lo hanno privato della solita sicurezza e hanno abbattuto le certezze con le quali i campioni d’Europa in carica si presentavano al retour match di Torino. Serve però il colpo del knock out per mandare Del Bosque e compagnia al tappeto.

Apoteosi bianconera

Minuto 73. Gianluca Zambrotta lavora un buon pallone sull’out di destra. Un lancio di interno destro raggiunge Pavel Nedved. Il fuoriclasse ceco attacca la profondità bruciando con uno scatto imperioso Fernando Hierro. Il centrocampista bianconero lascia rimbalzare il pallone davanti a sé per ben due volte. Salgado tenta un ultimo disperato assalto ma è questioni di attimi: destro violento, pallone nell’angolo e Casillas battuto. Il boato risuona in tutta Torino quando Pavel allarga le braccia e si inginocchia davanti alla curva sud bianconera. È un abbraccio ideale con tutto il mondo bianconero. Il tripudio domina la scena; l’estasi è assoluta. Il trionfo è ormai cosa fatta in una notte di sogni, di coppe all’orizzonte e di campioni (quelli in blanco) che si inchinano e non possono far altro che assistere inermi al delirio collettivo. La furia ceca punisce il Real dopo aver fatto piangere il Camp Nou e il Barcellona ai quarti di finale. L’Europa non riesce a frenarne l’impeto.

Furia ceca all’assalto

La gara di Nedved è perfetta: lotta su tutti i palloni, svaria sul fronte d’attacco senza dar punti di riferimento a Hierro e compagni che ne soffrono terribilmente velocità nelle giocate e condizione fisica straripante. La rete del 3-0 assume i contorni di una perfezione non terrestre. Lo scatto a eludere l’intervento e la disperazione di due mostri sacri del calcio come Hierro e Michel Salgado, la coordinazione e la conclusione di destro da patrimonio dell’umanità. Nedved incanta l’Europa. Nessun giocatore può eguagliarne tenacia, forza fisica e condizione atletica straripante. In ottica Pallone d’oro non ci sono giocatori che possono solo pensare di sfidarlo ad armi pari. La stagione di Nedved va oltre ogni lineare concezione di calcio: è trasporto emotivo, è rabbia, è voglia di giganteggiare, di sovrastare ogni avversario. Sempre e comunque.

La beffa

L’orizzonte inizia ad assumere i contorni di Manchester e dell’Old Trafford. La Champions League attende impaziente di conoscere le due compagini che si daranno battaglia per regalarsi una notte da campione d’Europa e pagine di storia del calcio. Eppure, dopo aver regalato una nottata da brividi e sogni, il destino regala a Nedved la più amara delle verità: troppa è l’adrenalina ma è troppa anche l’ingenuità.

Minuto 82, solo undici ne sono passati dall’apoteosi del terzo gol. Nedved, diffidato, stende Salgado e viene ammonito dal direttore di gara, lo svizzero Meier. Il numero undici bianconero è giocoforza costretto a saltare la finale di Manchester contro il Milan di Carlo Ancelotti che ha eliminato l’Inter in una drammatica stracittadina europea. Incredulità e disperazione abbattono il volto del biondo centrocampista di Cheb che, a gara terminata e finale acquisita, versa lacrime in ogni dove. Divorato dal rimorso. Accecato dall’accanimento di un destino beffardo.

Tra sogni e solide realtà

Pavel Nedved è l’esempio della perfezione calcistica sfiorata ma mai raggiunta. È tangibile esempio di come un cartellino giallo possa fare la differenza e modificare il corso degli eventi. Si consolerà con la vittoria del Pallone d’oro nel gennaio del 2004, festeggiato con una rete delle sue da fuori area (Juventus-Perugia 1-0, Serie A 2003/2004). Ma, statene certi, il centrocampista di Cheb baratterebbe il prestigioso riconoscimento di France Football pur di evitare un cartellino giallo che, ancora oggi, brucia e che avrebbe potuto regalare alla sua carriera e alla Juventus, il successo più grande. Quello più ambito.

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Pubblicato da Alessandro Fracassi

Nato in quel di Sassari nel 1992, cresciuto nel segno della leadership, del temperamento e della passione per i tackle del Guv'nor Paul Ince. Aspirante giornalista sportivo, studio giornalismo all'Università "La Sapienza" di Roma. Calcio e Basket le linee guida dell'amore incondizionato verso lo sport, ossessionato dagli amarcord, dal vintage e dai Guerin Sportivo d'annata, vivo anche di musica rock e dei film di Cronenberg. Citazione preferita: "en mi barrio aprendí a no perder".