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Luglio 1994. Telefono acceso sulla scrivania, ventilatore che gira all’impazzata, televisione sintonizzata sulle imprese della nazionale azzurra al futuristico mondiale statunitense. Negli occhi di Sergio Giordani, neo-presidente del Padova, è viva più che mai l’emozione per l’impresa compiuta un mese prima allo “Zini” di Cremona: i biancoscudati sono tornati in Serie A, 32 anni dopo l’ultima apparizione. Il gol del 2-1 di Maurizio Coppola, nello storico spareggio per la promozione ai danni del Cesena, ha aperto alla città veneta le porte del paradiso calcistico nostrano oltre a quelle della sessione estiva di una campagna acquisti che molto dirà del futuro biancorosso in massima serie. Oculatezza ma anche alto tasso qualitativo le due prerogative essenziali per il ritorno in A con la salvezza nel mirino.
L’intuito del direttore sportivo patavino Piero Aggradi – reduce dai torridi pomeriggi trascorsi in giro per l’America durante la coppa del mondo – si rivelerà utile per far sbarcare a Padova, per la modica cifra di 400.000 lire, il primo giocatore statunitense nella storia del calcio italiano: Alexi Lalas. L’americano reduce da un buon mondiale made in home, oltre a rinforzare il reparto arretrato dei biancoscudati, si impone come chiara strategia di marketing da parte della società in cerca di floridi mercati nei quali rendere visibile e appetibile il marchio patavino.
Vlaovic e l’Italia
Aggradi lavora su più piste. Le relazioni sui migliori prospetti in giro per l’Europa si sprecano ma il colpo di fulmine calcistico si consuma a Zagabria. Il d.s. patavino è affascinato dalle doti tecniche di un ventenne attaccante, Goran Vlaovic di Nova Gradiska, autore di 61 reti nelle 81 apparizioni in maglia Dinamo.
Attaccante di piccola statura e rapido negli spazi stretti, Vlaovic dà il meglio di sé come seconda punta e nella fase di non possesso palla, arretrando fino alla linea mediana come centrocampista, di rottura, aggiunto. L’esperienza al ragazzo non manca (è nazionale croato dal 1992) e l’Ajax campione d’Olanda, sembra aver messo le mani sul giocatore: il maniacale lavoro del club di Amsterdam con giovani talenti in erba e la disputa della Champions League sono argomenti che farebbero vacillare chiunque ma le non le aspirazioni del giovane Goran, che fanno rima con Italia. Non solo finalizzatore, quindi: Vlaovic si rivela un efficace uomo-assist anche fuori dal terreno di gioco. Aggradi coglie la palla al balzo e da consumato dirigente strappa il giocatore ai Lancieri. Il futuro si chiama stadio Euganeo. Si chiama Padova.
Un ambientamento difficile
L’impatto patavino al paradiso tricolore, non sembra discostarsi molto dalle impressioni degli addetti ai lavori. L’undici del tecnico Mauro Sandreani soffre l’impatto con la Serie A e le prime quattro giornate sono una mortifera agonia: quattro “Caporetto”, senza appello. Alle nette sconfitte subite, si aggiungono anche segnali negativi per l’immediato futuro: oltre ai 12 gol subiti, Vlaovic e compagni hanno le polveri bagnate, come recita lo zero alla voce reti segnate. Filippo Maniero non incide e il croato accusa il salto da un campionato di fascia inferiore al torneo più prestigioso.
Serve un’inversione di rotta per invertire il trend e il vento che soffia al San Paolo di Napoli, il pomeriggio del 2 ottobre del 1994, sa tanto di cambiamento: i patavini, sotto 3-1, ammutoliscono il tempio delle maradoniane memorie e con una doppietta di Maniero avviano la loro riscossa. Alla rimonta in terra partenopea, segue la clamorosa vittoria casalinga sul Milan di Fabio Capello. Un secco 2-0 (firmato Lalas-Gabrieli) in cui l’unica notata stonata risponde al nome di Vlaovic, che non sembra adattarsi ai ritmi della Serie A e alterna buone prestazioni ad autentiche comparsate in campo. L’astinenza dal gol comincia a pesare sul groppone del croato.
La pennellata della svolta
11 dicembre 1994. La ghiotta occasione si presenta all’Euganeo, nel match con il lanciato Cagliari di Oscar Tabarez. Nella nuova Serie A, in cui la vittoria vale 3 punti e non più 2, la sopravvivenza in A per club come il Padova passa dalle gare casalinghe. Il Padova occupa il terz’ultimo posto con soli 8 punti: la vittoria è l’unico viatico per dare avvio a una rimonta salvezza insperata solo qualche mese prima.
Vlaovic cerca insistentemente la via del gol, ma un Valerio Fiori in giornata di grazia spegne ogni ardore biancoscudato. Il match si trascina alle battute finali, sull’1-1. Ma il destino offre al croato l’occasione del riscatto. Minuto 91: calcio di punizione dal vertice sinistro dell’area di rigore cagliaritana. La parabola disegnata dal croato si insacca alla sinistra di Fiori. L’Euganeo esplode: i 3 punti rianimano i biancorossi e aprono le danze alla rinascita di Vlaovic. È l’alba di una nuova era calcistica italiana per il croato.
Torino e Bari in ginocchio: l’Italia scopre il talento di Vlaovic
Il Padova colleziona una serie di risultati altalenanti, tra i quali spiccano imprese fuori pronostico (vittoria sull’Inter con gol di Rosa) ma Sandreani può sorridere: il processo di maturazione di Vlaovic è nella sua fase finale e si completa nel febbraio del 1995. Il Torino di Ruggiero Rizzitelli soccombe all’Euganeo dinanzi all’onda d’urto del croato. Uno scavetto con il sinistro e un mortifero diagonale con il destro tramortiscono Luca Pastine. Il 4-2 finale per il Padova avvicina i biancorossi alla zona salvezza, raggiunta la domenica successiva al San Nicola di Bari.
A 6’ dalla fine della prima frazione Lalas, costruisce l’azione patavina dalle retrovie. Con una sventagliata di 50 metri imbecca Vlaovic che, solo contro la retroguardia barese, lascia rimbalzare il pallone giunto in area di rigore, in attesa del rimbalzo giusto per inquadrare lo specchio della porta. Il diagonale chirurgico e lo sguardo, sconsolato, di Alberto Fontana proiettano il Padova in zona comfort. L’Italia si alza in piedi, la storia si ripete: un talento giunto dai Balcani, con le atrocità del conflitto civile alle spalle, trova nel Belpaese la sua dimensione ideale.
Cali di tensione
La salvezza, per il Padova, sembra ormai una formalità: dopo l’exploit con la Lazio, i patavini battono a domicilio la Juventus di Lippi, lanciata verso lo scudetto con un calcio di punizione dal limite di Michel Kreek (arrivato in Veneto nel mercato di riparazione novembrino). Il trionfo a Torino si rivelerà però controproducente: il Padova dilapida 6 punti di vantaggio sul Genoa quart’ultimo e si presenta allo scontro diretto con il Grifone, all’Euganeo, con tre lunghezze di vantaggio.
Il pareggio finale rinvia tutto all’ultimo atto del campionato. Senza Vlaovic che, diffidato e ammonito, sarà costretto a guardare i suoi dalla tribuna di San Siro: contro l’Inter, solo un punto divide la compagine biancoscudata da una storica permanenza in A. I nerazzurri del primissimo corso targato Massimo Moratti non hanno intenzione di indossare l’abito di vittima sacrificale e i tre punti in palio sono fondamentali per agganciare il treno Uefa all’ultima curva.
La beffa di San Siro
La tensione è palpabile. Viaggia da Milano e raggiunge Genova. A Marassi, il Genoa è obbligato al successo contro un Torino che non ha più nulla da chiedere al suo campionato. Alle 16.20 del 4 giugno 1995, Vlaovic sfoga tutta la tensione con un’esultanza liberatoria: il vantaggio patavino siglato, di testa, da Maniero avvicina i ragazzi di Sandreani all’obiettivo stagionale.
Il Genoa, dopo la doccia gelata arrivata via radio, mette alle corde il Toro e a inizio ripresa trova il vantaggio con il totem Tomas Skuhavy. Il Padova perde la testa e si scioglie sotto il sole di San Siro: l’Inter trova il pari con una conclusione fuori area di Pierluigi Orlandini (con la complicità di Bonaiuti) e al 93’, ai titoli di coda, i nerazzurri tentano l’ultimo disperato assalto dalla bandierina. Su tutti, svetta Marco Delvecchio che segna il gol del 2-1. L’Inter è in Europa; il Padova sprofonda nel baratro: servirà uno spareggio, ancora contro il Genoa, per decretare l’ultima retrocessione in Serie B.
Il miracolo di Sant’Antonio da…Firenze
10 giugno 1995. Dalle prodezze di Batistuta alla lotta, serrata, per un posto al sole: l’Artemio Franchi di Firenze diventa, per un pomeriggio, il teatro della salvezza dalle sabbie mobili della B. Nella città di Dante, la prima a vedere l’inferno è il Genoa. Vlaovic, con una sforbiciata su assist di Kreek porta avanti i suoi. Il croato lotta su ogni pallone ma gli incubi di San Siro riprendono vita quando Skuhravy, l’uomo della provvidenza genoana, sigla il pari nella ripresa. I tentativi di Vlaovic si spengono contro la retroguardia rossoblù e dopo una fase di equilibrio che domina tempi regolamentari e supplementari è la lotteria dei rigori a rompere il filo sottile che divide sogno e incubo.
Dal dischetto, all’errore patavino di Perrone segue il miracolo di Bonaiuti su Dario Marcolin. Vlaovic fa il suo segnando il quarto rigore ma la serie continua con le reti di Skuhravy e Balleri ma la parità permane. Si andrà a oltranza. Il Genoa porta Fabio Galante sul dischetto. La sfera pesa e il centrale difensivo genoano manda a lato. Il Padova è a un passo dalla gloria e viene affidata a Michel Kreek. “Rete, rete. Il Padova è in Serie A” è la chiosa finale di Gildo Fattori, voce ufficiale del club dal 1981, al gol dell’olandese. La pioggia di Firenze consegna alla storia l’immagine di Vlaovic, denudato da compagni e tifosi, che difende da mani indiscrete una statuetta di Sant’Antonio. Il miracolo è servito.
A un passo dalla tragedia
Dopo il meritato “rompete il righe”, si riparte. L’estate del 1995 è quella del clamoroso trasferimento di Baggio dalla Juventus al Milan ma soprattutto del pallone d’oro in carica Hristo Stoichkov che sbarca in quel di Parma. A Padova, è la conferma di Vlaovic (oltre a quella di Lalas e Kreek) a fare notizia. I tre stranieri patavini guidano il gruppo nella preparazione al torneo 1995/1996. Goran ormai è un veterano e vuole essere pronto per il 27 agosto, quando il Milan di Fabio Capello farà visita al Padova per la prima giornata di Serie A. Anche l’avventura in Coppa Italia inizia per il verso giusto. Il 20 agosto, a Monza, Vlaovic segna il gol del 2-0 contro i brianzoli assicurando al Padova la qualificazione al turno successivo. E’ la quiete prima della tempesta.
Nella notte tra il 22 e il 23 agosto del 1995, un forte mal di testa impedisce al croato la consueta passeggiata con il figlio Stjepan al Prato della Valle. La cefalea aumenta con il passare delle ore e neppure il controllo del medico del Padova – il dottor Munari – sembra risolvere la situazione. Vlaovic, secondo il bollettino medico, soffriva di “ipertensione endocranica benigna”, un aumento eccessivo del liquido che scorre nelle meningi e che, nel lungo periodo, può provocare guai peggiori. Il croato vive un incubo e il timore che possa andare di mezzo non solo l’attività agonistica ma soprattutto la sua vita lo induce all’intervento chirurgico. Si affida al professor Jack Caemaert, neurochirurgo di provata fama residente a Gand, in Belgio. La mattina del 15 settembre, con un intervento delicato, il male viene rimosso. Vlaovic starà lontano dai campi per 3 mesi ma il ritorno sarà trionfale.
Hodgson e Ince s’inchinano: Vlaovic si riprende Padova
10 dicembre 1995. Il Padova è ultimo in classifica con soli 5 punti. All’Euganeo arriva l’Inter che, qualche mese prima, stava per rispedire all’inferno della Serie B un Padova “ammazza-grandi”. I nerazzurri però sono cambiati. Roy Hodsgon guida un gruppo che sta deludendo le attese e la stella della squadra, l’inglese Paul Ince, fatica a inserirsi nelle dinamiche del calcio italiano. Alle 13.30, quando vengono diramate le formazioni ufficiali, la lieta notizia rimbalza tra gli organi di stampa: Vlaovic torna in campo, da titolare. All’ingresso sul terreno di gioco, l’Euganeo osanna il suo eroe croato e lui ringrazia nel miglior modo possibile. Al 16’ insacca sul secondo palo un filtrante di Nicola Amoruso e, dopo il pari interista di Maurizio Ganz, segna la doppietta e il definitivo 2-1 patavino con una conclusione di prima intenzione di destro (e da fuori area) che inganna Pagliuca.
“Dalla sofferenza alla paura, dal delicato intervento chirurgico al rientro in campo e alla doppietta anti-Inter. Sembra incredibile che tutto ciò sia avvenuto in meno di quattro mesi”. Così sentenziava il numero del Guerin Sportivo, n.50, del 13 dicembre 1995 che saluta con un 10 in pagella la performance di Vlaovic contro Bergomi & co. La vittoria sull’Inter, così come le prestazioni superlative con l’Atalanta (doppietta decisiva nel finale di gara) e nel derby con il Vicenza, non saranno però sufficienti a garantire al Padova la permanenza in A dopo il miracolo fiorentino. Ma tra i vicoli patavini, il binomio Goran Vlaovic-Padova è senza dubbio ricco di nostalgia e denso di emozioni. Quei brividi ed echi storici che solo il calcio italiano di provincia riesce a regalare all’intero ecosistema pallonaro nostrano.