Tempo di lettura: 8 min
Una maglia Ma-gi-ca, per un tridente magico. Siamo nell’estate del 1987 e Napul’è mille culure. L’atmosfera che si respira a Fuorigrotta è di felicità smisurata. Di tripudio. “Lo scudetto è un mare che non bagna Napoli“. Luogo comune spazzato via in una cavalcata trionfale. Il costante avvicinamento tra Napoli e la storia sta tutto in un capolavoro artistico: “Creazione di Adamo“, firmato Michelangelo.
Napul’è mille culure
Gli azzurri, guidati dall’estro del Pibe de Oro Maradona, dalla prolificità di Giordano sul terreno di gioco e da Ottavio Bianchi in panchina, stanno al Divino come Adamo sta allo scudetto. Il punto di contatto, il primo, tra Napoli e il paradiso tricolore, consegna la città all’estasi più totale. A suggellare un’annata incredibile e forse irripetibile il successo in Coppa Italia nella doppia finale con l’Atalanta del vikingo Glenn Stromberg.
Napoli all’assalto dell’Italia e dell’Europa
L’entusiasmo è contagioso, la vittoria un’abitudine da coltivare, da costruire, da progettare. Per la stagione 1987/88 il presidente partenopeo Corrado Ferlaino è chiaro: la priorità è l’assalto al bis-tricolore ma non solo: la vetrina della Coppa dei Campioni, che vede il Napoli nelle vesti di debuttante, rappresenta un’occasione ghiotta considerando anche la squalifica delle corazzate inglesi post-Heysel. Per affrontare i tre dispendiosi impegni stagionali, la rosa partenopea è di elevata caratura tecnica.
Maradona, che ha messo la firma sul primo scudetto partenopeo, è la guida, tecnica e carismatica del gruppo. Il Pibe de Oro è la luce da seguire nella strada che porta al trionfo. Salvatore Bagni il metronomo del centrocampo, Giordano il killer dell’area di rigore. Ossatura di livello quella dei campioni d’Italia alla quale la dirigenza partenopea aggiunge Giovanni Francini, stopper di qualità e quantità che bene si è comportato con il Toro targato Gigi Radice. Mercato concluso? Tutt’altro. Il colpo dell’estate napoletana è samba, è tempra carioca: sbarca all’ombra del Vesuvio Antonio Careca.
Ma-Gi-Ca e la maglia dei sogni
Con l’arrivo di Careca, nasce la Ma-Gi-Ca, il tridente dei sogni partenopei: una miscela esplosiva che sposa la genialità del Pibe de Oro con la concretezza dei due compagni di reparto. Un tridente magico non può però non indossare una maglia intrisa di magia, di abbagliante bellezza: lo sponsor tecnico marchigiano Enne Erre, dopo aver deliziato il mercato dell’abbigliamento sportivo e non con la maglia della Lazio, realizza per l’occasione la maglia più iconica della storia del Napoli. La prima divisa azzurra edizione 1987/88, sponsorizzata Buitoni, è un concentrato di bellezza, semplicità e storia: lo scudetto tricolore della ”banda-Bianchi” e la coccarda della Coppa Italia s’impongono nell’azzurro cielo del prodotto e sembrano ricordare, all’Italia pallonara, che Napoli è l’incontrastata capitale del campionato più bello e affascinante del mondo. Lo stemma sociale “trasloca” sulla manica destra, i pantaloncini sono bianchi e i calzettoni blu.
Sciogliersi sul più bello
La maglia partenopea edizione 1987/88 non regala a Napoli e al Napoli i successi sperati nonostante un inizio di campionato promettente: le cinque vittorie in altrettante gare lasciano presagire un campionato dominato da Maradona e compagni. Solo il primo Milan di Arrigo Sacchi riesce a tenere botta alla corazzata partenopea. Le altre “grandi” sono invece in ritardo: la Juventus, orfana del Roi Michel Platini, soffre l’adattamento al calcio italiano dell’attacante gallese Ian Rush prelevato dal Liverpool; l’Inter di Giovanni Trapattoni si conferma come grande incompiuta nonostante annoveri tra le proprie fila talenti quali Vincenzo Scifo e Daniel Passarella; l’altalenante Roma abbandona presto i sogni tricolore ma si consola con l’ascesa di Giuseppe Giannini.
Il Napoli prosegue la sua marcia trionfale verso il secondo scudetto e, a cinque giornate dalla fine, la classifica recita Napoli 41, Milan 37. Napoli sogna, ancora una volta. La vittoria di misura sull’Inter del 10 aprile 1988 (magia su calcio piazzato di Maradona) spinge la città verso un nuovo trionfo. Il calcio, però, è tutto tranne che una scienza esatta: sfugge infatti ad ogni tipo di logica anche quando la storia sembra già scritta.
Suicidio sportivo
Contro ogni pronostico, nelle settimane successive, si materializza l’imponderabile. L’Harakiri-Napoli è la svolta che riapre i giochi: la sconfitta al “Comunale” di Torino contro la Juventus e il pareggio al Bentegodi con l’Hellas Verona, mettono a nudo tutte le fragilità di un gruppo che deve fare i conti con forti dissidi all’interno dello spogliatoio. Il Milan di Sacchi e Ruud Gullit non può che ringraziare e si porta a un solo punto di distacco, proprio alla vigilia dello scontro diretto del 1 maggio 1988, in programma al San Paolo.
La settimana che precede il match clou è tesa (ricordate il celebre ”non voglio vedere nessuna bandiera rossonera” auspicato da Maradona?). Il Napoli sa di non potersi permettere un nuovo scivolone. Una sconfitta significherebbe sorpasso e, di fatto, l’addio allo scudetto. L’attesa e il sogno del bis tricolore si trasformano in incubo. I campioni d’Italia, a cui non bastano una pennellata alla Matisse di Dieguito e un gol di rapina di Careca, cade 3-2 sotto i colpi di Pietro Paolo Virdis (autore di una doppietta) e il sigillo di Marco Van Basten. Il Milan vede le soglie del paradiso tricolore e lo scuce dalla maglia partenopea il 15-05-1988 , con il pari a Como.
Italia ed Europa: destini paralleli
Tanto sfortunata quanto effimera la prima esperienza in Coppa dei Campioni della maglia azzurro cielo: il sorteggio per il primo turno della competizione è solitamente morbido per i campioni in carica delle leghe continentali. Nyon riserva invece per Ottavio Bianchi l’avversario peggiore: il Real Madrid. Al Bernabeu un calcio di rigore di Michel e una sfortunata deviazione nella propria porta di De Napoli condannano i partenopei all’impresa nel match di ritorno. La rimonta è possibile ma al San Paolo, il pareggio per 1-1 estromette il Napoli dal cammino per la finale di Stoccarda.
La maglia partenopea 1987/1988 presenta una duplice chiave di lettura: il primo tricolore, conquistato l’anno precedente, è ben cucito sulla maglia realizzata con cotone e lana e non ha alcuna intenzione di separarsi dall’ambizioso abbinamento con il color azzurro cielo. D’altro canto, come già raccontato, sarà il Milan di Sacchi a strappare lo scudetto da quella stessa maglia, in un autentico passaggio di consegne tricolori. Il 3-2 rossonero del maggio ’88 al San Paolo segna una svolta epocale: uno dei cicli più vincenti della storia del calcio è in procinto di materializzarsi, soprattutto a livello continentale e mondiale. A Napoli, la bellezza estetica e stilistica non sono però garanzia di successo. Sarebbe inoltre riduttivo attribuire un mero valore economico a un’opera di tale calibro. Il connubio perfetto tra il mondo pallonaro e l’arte: per questa ragione, la maglia del Napoli Campione d’Italia 1987 è stile ed eleganza al potere.