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Quando arriva una brutta notizia non si è mai pronti. Si rimane stupiti a fissare il vuoto, subentra profonda tristezza, si gela il cuore ed escono le prime lacrime. Queste sono le sensazioni forti che hanno provato Francesca, la compagna di Davide, e i suoi familiari e che proverà la sua piccola Vittoria quando crescerà. La morte purtroppo priva ognuno di noi della cosa più preziosa che abbiamo e alcune volte non avverte.
Mi sono realmente reso conto della morte di Astori poco prima della partita tra Fiorentina e Benevento. A causa della malattia che ha tutt’ora mio padre, mi sono allontanato gradualmente dal calcio e dalla mia passione per la Viola e quindi ogni volta che si tocca l’argomento Firenze e Fiorentina, cerco di mettere tutto in un angolino. Ma quando è scesa la squadra di Pioli non ce l’ho fatta. L’emozione è diventata protagonista e al minuto di silenzio sono scese delle grandi lacrime dai miei occhi. Nella mia mente in un attimo sono riaffiorate tutte le immagini che mi legano a questa squadra: dai primi gol di Batistuta alla promozione in Serie A, dalle trasferte al Franchi a vedere come battevamo il Bayern Monaco al bel gioco della Fiorentina di Montella. La difesa della Viola non è mai stata eccelsa negli ultimi anni e con mio padre tendevamo abitualmente a criticarla per i gol che prendevamo. L’unico giocatore che si salvava era Davide perché era uno dei pochi giocatori che si “sbatteva” sempre per la maglia della città di Firenze.
Ogni volta che lo vedevamo sul manto d’erba, non abbiamo mai dubitato che fosse un bravo ragazzo. Ci piaceva perché era italiano ed era un uomo semplice e nonostante ci facesse arrabbiare delle volte per le sue prestazioni, non riuscivamo proprio ad insultarlo.
E queste caratteristiche erano proprio sue. Lo testimoniano le parole dei grandi del calcio e il calore ricevuto da ogni angolo di Italia. Per la prima volta abbiamo avuto un effetto univoco di serenità. Da parte del mondo del calcio, dove ogni giocatore si è sentito di esprimere il suo sentimento, primo tra tutti Badelj, e da parte del mondo dei tifosi dove non esisteva la differenza di maglia. Nessuna barriera, nessun odio. Solo grande dolore e tanta voglia di abbracciarlo, anche se solo emotivamente, un’ultima volta. Davanti a noi, da oggi, abbiamo un cielo più sereno. Ripartiamo da qui: dalla voglia di omaggiare un calciatore al di là della maglia, dalla voglia di vedere solo il calcio, dalla sensazione che siamo tutti uguali in determinati momenti della vita. Facciamolo, perché solo così renderemo davvero omaggio a un bravo e semplice ragazzo che amava la moda e a cui piaceva tirare un calcio a un pallone.
E questa volta i tifosi, che a parere di molti rappresentano il problema del calcio, sono stati invece protagonisti di una cosa meravigliosa che non deve assolutamente finire.
Ciao Davide,
riposa in pace.