Elio De Angelis e la sfortunata storia del pilota che conquistò Enzo Ferrari

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Il mondo del motorsport è ricco di imprese, ma anche di vite spezzate in pista: Gilles Villeneuve, pilota della Ferrari, la perse nel 1982 sul circuito di Zolder, in Belgio. Quattro anni dopo la stessa triste sorte la ebbe un pilota italiano, Elio De Angelis, della Brabham, morto  tragicamente durante la sessione di prove nella pista francese di Le Castellet; noi andremo a raccontare la sua vita.

Una passione nata da bambino

Elio De Angelis nacque a Roma nel 1958. Il padre, Guido, è un costruttore romano che nel 1988 fu rapito e rimase in mano ai rapitori da giugno fino a novembre dello stesso anno. Fu lui, ex campione di motonautica, a far nascere nel cuore e nella testa dei suoi figli la passione per i motori. Iscrisse sia il piccolo Elio che i suoi due fratelli ai campionati di go kart, ma sarà proprio il futuro pilota a continuare e a tentare di diventare professionista, lui che a scuola anziché seguire e ascoltare le lezioni, si divertiva a disegnare macchine. A correre con loro vi fu anche un ragazzo che avrebbe corso poi in Formula Uno: si trattava di Riccardo Patrese.

Dopo che smise di correre con i kart, De Angelis andò in Formula 3 e nel 1977 vinse il campionato italiano correndo con la Chevron B38 dopo una rimonta incredibile, partendo nella seconda manche dall’ultimo posto e vincendo davanti al suo grande rivale di quella stagione,  Piercarlo Ghinzani. Tentò anche di vincere quello europeo, senza però successo. Successivamente passò in Formula 2, contattato da Giancarlo Minardi, gestore del team Everest, che montava motori Ferrari; fu in questo periodo che De Angelis ebbe dei contatti con il patron Enzo. Il fondatore della casa di Maranello intravide nel romano grandi potenzialità e lo invitò quindi a provare la Ferrari 312 T3 a Fiorano, dove il pilota fece buoni tempi.

L’ascesa in Formula Uno

Enzo Ferrari fece un’offerta a De Angelis per correre in Ferrari, rifiutata dal romano poiché era previsto che avrebbe dovuto correre per un periodo con Surtees, team non competitivo. In merito furono interessanti le dichiarazioni di Roberto De Angelis, fratello del pilota: “la Surtees era davvero team di secondo piano e mio fratello non voleva partire con una macchina per fare brutte figure. Quindi decise di non accettare questo tipo di accordo“. Il romano fu poi contattato dalla Tyrrell, accettando, ma inaspettatamente Ken Tyrrell,  sostenendo che De Angelis non avesse la licenza per la Formula Uno, stracciò il contratto e per il romano ci fu anche l’ulteriore beffa di dover pagare una penale.

Il tanto atteso debutto arrivò nel Gran Premio d’Argentina del 1979 con la Shadow, scuderia con il quale il pilota firmò per tre anni, arrivando settimo. Il miglior piazzamento fu un quarto posto ottenuto nel Gran Premio degli Stati Uniti d’America-Est. Al termine della stagione si liberò per andare alla Lotus. De Angelis ebbe un grande rapporto con il proprietario del team inglese Colin Chapman, di fiducia e stima reciproca. Con una macchina non da primi posti, si tolse le sue soddisfazioni, arrivando quarto in Brasile, per più volte sesto, e nel 1982 ottenne la prima vittoria in Formula Uno. Dalle gare successive avvenne una svolta epocale, i piloti infatti potevano essere intervistati sulla griglia di partenza pochi minuti prima delle gare, e il fautore di questo cambiamento fu proprio De Angelis. Nello stesso anno ci fu la dipartita di Chapman, il suo posto fu preso da Peter Warr, i cui rapporti con il romano furono tesi sin da subito. Il culmine ci fu nel 1985 quando l’italiano nonostante avesse firmato per essere primo pilota e a inizio stagione era in testa alla classifica, si ritrovò secondo, in favore dell’astro nascente Ayrton Senna.

Il triste destino

Elio De Angelis abbandonò la Lotus per andare alla Brabham. Forte fu la delusione per la mancanza di riconoscenza da parte della scuderia inglese, che il romano aveva contribuito a riportare in auge. Con il nuovo team ci furono problemi di sicurezza, in quanto De Angelis riteneva la vettura poco sicura. Il pilota disputò l’11 maggio 1986 il Gran Premio di Monaco e nessuno poteva immaginare cosa sarebbe successo da lì a pochi giorni.

In una sessione di prove al circuito francese di Le  Castellet, l’alettone posteriore si staccò dalla Brabham del pilota che si rigirò varie volte prima di andare a sbattere contro una barriera: l’abitacolo andò in fiamme e, non essendo una gara, non vi erano gli stessi livelli di sicurezza previsti durante le gare stesse. I commissari non avevano estintori adeguati per spegnere l’incendio e inoltre ci furono ritardi nei soccorsi, che arrivarono dopo oltre mezz’ora. A quella sessione De Angelis non doveva neanche partecipare, ma fece di tutto per esserci in modo da migliorare la vettura. Il pilota romano fu portato in ospedale con un trauma cranico e varie fratture, purtroppo non ci fu nulla da fare e a causa dell’asfissia provocata dal fumo nella macchina, De Angelis si spense a soli 28 anni. La sua scomparsa commosse i piloti che minacciarono di non partecipare alle gare successive se non ci fossero stati miglioramenti alla sicurezza, che ci furono poi non solo durante le corse ma anche nelle sessioni di prove. Del corridore italiano rimarranno nella mente e nel cuore degli appassionati la sua correttezza, mai  una polemica o una parola fuori posto, un pilota che la Formula Uno dovrebbe ricordare più spesso.

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Pubblicato da Christian Scala

Romano, diplomato al liceo linguistico Hegel, frequenta il corso di Scienze della Comunicazione all'Università Roma tre. Grande passione per il ciclismo e appassionato di calcio, ha collaborato con Centro Mare Radio e attualmente scrive per Torremare e L'ortica, due riviste online.