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Quella tra Lazio e Inter è una storia complessa, delicata, fatta di alti e bassi continui che si susseguono senza fine nella centeria storia dei due club. Come una storia d’amore tra adolescenti che prima si baciano, poi si lasciano, poi si abbracciano, poi si maledicono, poi si ritrovano, in un eterno tira e molla che, probabilmente, non avrà mai fine.
Lazio-Inter di domenica 20 maggio 2018 è il crocevia della stagione sportiva di entrambe le squadre. Ad entrambe viene chiesto l’ultimo sforzo, quello decisivo, per concludere il proprio campionato nel migliore dei modi, con quel quarto posto che vuol dire Champions League, e di conseguenza visibilità a livello internazionale, possibilità di maggiori sponsorizzazioni per la prossima stagione, premio monetario diretto, per un totale -minimo- di 35 milioni di euro: in poche parole, “soldisoldisoldi tanti soldi“, come cantava l’incantevole Betty Curtis ad inizio anni ’60. Mica bruscolini.
Maggio, da parte sua, è un mese che offre alcuni interessanti spunti sul difficile rapporto tra nerazzurri e biancocelesti. Abbiamo selezionato due esempi storici per dimostrare come Lazio-Inter non è e non sarà mai, molto probabilmente, una partita normale.
5 maggio 2002: lacrime e disperazione per una giornata maledetta
Scolpito negli annali calcistici nazionali, il 5 maggio è una di quelle date che, a sentirle, i tifosi interisti cominciano ad innnervosirsi, a prenderti a male parole, ad erigere un muro protettivo per isolarsi da tutto e da tutti. Perché se esiste una Caporetto sportiva per ogni squadra del mondo, il 5 maggio 2002 è la Caporetto interista.
All’appuntamento col destino e con uno Scudetto che manca da 13 anni l’Inter di Hector Cuper, allenatore dal piglio deciso, dal cuore argentino e dallo spirito combattivo, arriva da prima in classifica, con un punto di vantaggio sulla Juventus, seconda, e due sulla Roma, terza.
La partita è di quelle facili: contro una Lazio fuori dalla lotta Champions e senza più obiettivi basta una prova neanche troppo tirata per portare a casa tre punti e tricolore. Il gemellaggio storico tra le due tifoserie ovviamente aiuta. Insomma, apparentemente le basi per la partita perfetta ci sono tutte. Ma nel calcio, si sa, non sempre le cose vanno come devono andare.
Il madornale errore del giovane terzino Vratislav Greško, che spalanca le porte al gol del 2-2 di Poborsky al 45° del primo tempo, distrugge psicologicamente l’Inter. I nerazzurri praticamente non rientrano dagli spogliatoi, subiscono altre due reti, e dicono addio allo Scudetto, venendo sorpassati sia dalla Juventus vincente a Udine che dalla Roma, e terminando così il campionato con un misero quanto incredibile terzo posto.
Le lacrime di disperazione del Fenomeno Ronaldo certificano l’ora più buia del popolo interista, condannata proprio nel giorno decisivo contro la squadra che meno avrebbe dovuto, almeno in teoria, bloccarne il percorso verso la gloria. Lazio giudice e carnefice di una sconfitta che rimarrà nella Storia calcistica del nostro sport nazionale.
2 maggio 2010: “Oh nooo”
Passano quasi 8 anni da quella maledetta giornata a tinte nerazzurre. È arrivata Calciopoli e la Juventus, condannata alla B dalla giustizia sportiva e subito riuscita a tornare nel massimo campionato nazionale, fatica a ritrovare una dimensione vincente. La grande avversaria dell’Inter degli onesti in quegli anni è la Roma, che da ormai tre anni prova a contestare il dominio nerazzurro senza tuttavia riuscirci.
Luciano Spalletti, preparatissimo tecnico di Certaldo alla guida della Lupa, cerca di fermare l’apparentemente inarrestabile banda di José Mourinho, costruita per puntare alla vittoria di quella Champions League che in casa nerazzurra è ormai oggetto di miti e leggende, dopo addirittura 45 anni dall’ultima vittoria del trofeo continentale.
Il 2 maggio 2010 all’Olimpico l’Inter però non trova una Lazio imbottita di campioni come quella del 2002. Anzi, tutto il contrario: quella di
Edy Reja è una squadra in piena sofferenza. La prospettiva di vedere lo scudetto passare in mano giallorossa è troppo per i supporters laziali che decidono, in via eccezionale, di imbastire una gigantesca opera di sabotaggio del tifo a sostegno della propria squadra, in un’atmosfera di surreale felicità generale e di assoluta comunione di intenti tra i tanti tifosi dell’una e dell’altra curva.
L’Inter attacca, crea occasioni, la Lazio è remissiva e aspetta solo il fischio finale del direttore di gara. L’unico ad opporsi è il portiere uruguaiano biancoceleste Fernando Muslera, che impedisce con caparbierà ad Eto’o, Snejder e Thiago Motta di trovare il gol risolutore. Risultato? Fischi e buuuu per lui, con l’unica colpa di non riuscire a stendere il classico tappeto rosso agli avversari diretti per il tricolore dei cugini romanisti. Al minuto 46 Walter Samuel sblocca il risultato con un colpo di testa su calcio d’angolo, e dalla curva laziale si alza uno striscione che è tutto un programma. “OH NOOO”, a voler esprimere tutto il dispiacere nel vedere l’Inter vincere e controsorpassare la Roma a sole due giornate dal fischio finale della stagione.
L’Inter, alla fine, vincerà il Triplete, la Roma confermerà la sua scomoda reputazione di eterna seconda, la Lazio arriverà ad una comoda salvezza. Il debito maturato per 8 anni sul conto biancoceleste può definirsi praticamente estinto.
20 maggio 2018: Lazio, Inter e il terzo incomodo
Altri 8 anni sono passati da quell'”OH NOOO”, in un eterno ciclo di eventi che sembra ripresentarsi, regolarmente, a chiedere il conto ad una delle due squadre. L’Inter non appartiene più alla famiglia Moratti, che ha passato la mano al colosso cinese Suning, importante gruppo imprenditoriale alla ricerca di uno sbocco e di uno strumento di visibilità sul mercato europeo. L’allenatore è proprio Luciano Spalletti, che con il suo trasferimento dall’Olimpico a San Siro ha portato esperienza e maturità in panchina.
La Lazio è ancora di Claudio Lotito, ma da un paio d’anni al timone della squadra c’è un tecnico giovane ma preparato, quel Simone
Inzaghi che ha saputo valorizzare ogni singolo giocatore della sua rosa e che se continua così andrà a finire in qualche squadra top nel giro di pochissimi anni.
Domenica, dalle 20:45, si affronteranno due squadre che vogliono l’accesso all’Europa che conta, quella che ti permette di guadagnare 35 milioni anche solo partecipando alla fase a gironi. 3 soli punti separano biancocelesti e nerazzurri: la distanza sorride agli uomini di Inzaghi, che potranno contare su una vittoria o su un pareggio per poter tirare un’ottima linea finale a quanto fatto in questa straordinaria stafione sportiva. 3 punti sono ciò che serve ad Icardi&Co. per centrare un traguardo di vitale importanza per permettere alla proprietà cinese di investire in vista della prossima sessione di calciomercato estiva.
In tutto questo, un terzo incomodo: Stefan de Vrji, colonna portante della Lazio ma già promesso sposo dell’Inter (il suo contratto è già stato depositato, arriverà a parametro zero). Vincendo con la sua attuale squadra, si autoeliminerebbe dalla più importante vetrina continentale nella prossima stagione. Il direttore sportivo laziale Igli Tare, sulla questione, ha dichiarato che qualcuno “ha giocato sporco” all’interno della società nerazzurra; quello interista Piero Ausilio ha risposto per le rime, sottolineando l’aria di nervosismo che si respira a pochi giorni dalla sfida che potrebbe decidere le sorti future di due club ambiziosi. Domenica probabilmente non giocherà, privando di fatto la sua squadra del suo difensore migliore.
Non assisteremo ad un nuovo “OH NOOO”, potremo assistere ad un nuovo 5 maggio. Una sola cosa è sicura: Lazio – Inter non sarà mai una partita normale. Come una storia d’amore tra adolescenti che prima si baciano, poi si lasciano, poi si abbracciano, poi si maledicono, poi si ritrovano, in un eterno tira e molla che, probabilmente, non avrà mai fine.