Una tennista fuori dagli schemi, Marina Navratilova

Approfondimento su Martina Navratilova

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Gli anni ’80 sono stati un decennio carico di particolari cambiamenti. Nel campo medico è il decennio della scoperta dell’Aids, malattia che provocherà milioni di morti. Nel tennis è invece il decennio di Martina Navratilova: nazionalità della Repubblica Ceca, che dopo numerose vittorie dichiarò la sua bisessualità, in un decennio in cui quest’ultima era ancora considerata una malattia mentale.

Il trasferimento in America

Řevnice è un piccolo paese della Repubblica Ceca; qui nel 1956 nasce Martina Šubertová. La piccola Martina vive un’infanzia difficile. Suo padre e sua madre divorziano quando la futura stella del tennis ha solamente tre anni, ma  il nuovo compagno della madre sarà molto importante per la ceca: cambierà il suo cognome in Navratilova e soprattutto, grazie ad esso, Martina scoprirà la passione per il tennis. Il suo patrigno diventa il suo primo allenatore. Ad inizio anni ’70 diventa tennista professionista e vince i campionati nazionali; inizia in questo modo a partecipare anche a tornei esteri. Nel 1975 avviene un cambiamento importante: Martina lascia il suo paese natio e si trasferisce negli Stati Uniti per protesta nei confronti della federazione ceca che si intrometteva nel suo programma di incontri.

Una rapida ascesa

Nel 1975 vince in Francia il suo primo torneo in coppia mista con il colombiano Ivan Molina, e sempre in Francia perde la finale in singolo contro Chris Evert, che in seguito sarà la sua rivale storica. Proprio con la Evert, la Navratilova vince il torneo in doppio nel 1976 a Wimbledon. In terra inglese dopo una serie di titoli vinti in doppio, la tennista vince il suo primo titolo in singolo battendo la rivale in tre set, vittoria poi bissata l’anno successivo.

La rivalità tra le due tenniste fu seguita da una quantità innumerevole di incontri, quasi 80: con le due che diedero spettacolo in ogni occasione, per delle sfide che ancora oggi sono nella mente e nel cuore degli appassionati. La rivalità si concluderà nel 1988 con il ritiro della Evert. Quest’ultima in seguito dichiarò che quando veniva eliminata nei tornei, tifava per una vittoria della ceca: segno di stima reciproca.

Il coming out

Ad inizio anni ’80 la tennista fece un gesto non comune all’epoca, dichiarando di essere bisessuale e che stava intraprendendo una relazione con la scrittrice Rita Mae Brown. Una scelta coraggiosa  che diede forza a tanta gente nella sua stessa situazione. La scelta della Navratilova permise al pubblico, che fino a quel momento gli era contro, di tifarla e di appassionarsi alle sue gesta grazie anche alla sua forte sincerità.

La tennista modificò anche il suo stile con una adeguata preparazione e con una novità nello staff, l’allenatrice Renée Richards. Un cambiamento importante avvenne anche nel tennis: le racchette di legno vennero sostituite e in questo modo la Navratilova cambiò anche il suo stile di gioco. Nel 1982 visse il suo anno migliore trionfando a Wimbledon (torneo che vincerà ancora per sei anni consecutivi), a Parigi e vincendo altri 13 tornei. In questo modo la ceca diventò numero uno al mondo, primato che gli fu strappato nel 1987 da Steffi Graf.

Il Farewell tour

Gli anni ’90 non iniziarono nel migliore dei modi per la Navratilova che dopo la rottura della sua relazione con Judy Nelson, intraprese una battaglia legale durata più mesi. Sul fronte sportivo la nuova regina del tennis era Monica Seles: con quest’ultima la tennista ceca disputò grandi sfide riuscendo a batterla il 21 Febbraio 1993. Poco più di due mesi dopo la Seles fu accoltellata, tornando a giocare solamente su spinta della Navratilova quasi due anni dopo. Ormai la ceca non sentiva più i giusti stimoli e annunciò per il 1994 un tour d’addio, il Farewell Tour.

Ogni sua partita fu accompagnata dagli applausi del pubblico; particolarmente toccante quanto accaduto a Wimbledon, dove la tennista dopo aver perso in finale contro Conchita Martinez, salutò il pubblico prendendo come ricordo un pezzo di erba del suolo inglese. La sua ultima partita fu contro Gabriela Sabatini al Masters di New York dove, dopo aver perso, i tifosi gli tributarono un’ultima grande ovazione scrivendo su una grande palla da tennis: “thanks for the memories”. Dopo il suo ritiro venne inserita nella Hall of Fame nel 2000, a coronamento di una carriera leggendaria, giusto tributo per un personaggio anche fuori dagli schemi.

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Pubblicato da Christian Scala

Romano, diplomato al liceo linguistico Hegel, frequenta il corso di Scienze della Comunicazione all'Università Roma tre. Grande passione per il ciclismo e appassionato di calcio, ha collaborato con Centro Mare Radio e attualmente scrive per Torremare e L'ortica, due riviste online.